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7/10

Timbuktu regia di Abderrahmane Sissako

Drammatico
recensione di Francesco Ruzzier

Timbuktu racconta degli abusi che devono subire i cittadini della città malese da parte dei fondamentalisti islamici che ne hanno preso il comando.

Ci sono storie a cui è complicato approcciarsi senza una conoscenza approfondita del contesto socioculturale in cui queste sono ambientate. Il film Timbuktu di Abderrahmane Sissako infonde proprio questa sensazione di muoversi in un mondo troppo distante per essere capito a fondo poichè racconta della cancellazione forzata delle tradizioni culturali della città malese da parte dei fondamentalisti islamici cominciando in medias res e senza fornire allo spettatore una storia narrata in maniera tradizionale a cui affidarsi. L'affresco realizzato dal regista originario della Mauritania è piuttosto efficace nel descrivere la complessità psicologica dei fondamentalisti, ma soprattutto nel raccontare al meglio le forme di resistenza non violenta che gli abitanti di Timbuktu esercitano nei confronti degli oppressori e le conseguenti azioni punitive da parte dei fondamentalisti senza possedere le classiche caratteristiche del film di denuncia sociale. A Timbuktu le strade devono rimanere vuote, la gente chiusa in casa, non si può fumare, non ci può essere più musica, non possono essere usati indumenti dai colori chiari e le donne devono coprirsi il volto. Il binomio più riuscito tra gli esempi di causa-effetto raccontati è rappresentato da una suggestiva ed emozionante partita di calcio effettuata senza una palla come segno di protesta nei confronti delle quaranta frustate con cui era stato punito un ragazzo trovato a giocare nonostante i divieti. Così come è di forte impatto la sequenza in cui una donna, punita per aver cantato durante la notte, intona una canzone mentre viene frustata. Da sottolineare inoltre la scelta di iniziare e concludere il film con una sequenza molto simile, spiegando visivamente, attraverso un'inseguimento da parte dei fondamentalisti ad un'antilope prima e ad una donna poi, come la condizione e il valore della vita degli abitanti della città siano diventati progressivamente più vicini a quelli della vita di un animale. La regia del film cerca di sfruttare al meglio la bellezza dei dei paesaggi attraverso dei quadri spesso molto suggestivi accompagnati, a differenza della gran parte di questo genere di pellicole, da una buona colonna sonora. La mancanza di riferimenti, dovuta anche, come già detto, "all'ignoranza" dello spettatore, diminuiscono però l'empatia nei confronti della storia della città e dei suoi abitanti, rendendo così meno efficace l'impatto emotivo del film.

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alexmn 8/10

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