A Una Controrecensione - Tron Legacy

Una Controrecensione - Tron Legacy

 

Tra echi orwelliani, sottili citazioni di 2001, Odissea nello Spazio, Matrix, Wargames e Alice in Wonderland, Joseph Kosinski realizza, per la Disney (impresa alquanto faticosa), un’opera completamente nuova che va, in alcuni momenti, al di là della semplice pellicola per ragazzi e, senza avanzare troppe pretese, riflette un filone cinematografico contemporaneo che ricerca, attraverso la naturale evoluzione del cyberpunk, un legame tra tecnologia e spiritualità.

Tron Legacy è diviso in due piani, uno interiore e virtuale ed uno tangibile ed apparente e tende a dare continuamente allo spettatore, sul piano visivo e scenografico, la percezione della dualità, della simmetria e della potenza comunicativa del cyberspazio (sia esso immaginario o proiettato dalla nostra più profonda dimensione individuale). Immensi scenari digitali hanno origine e si evolvono, sincronizzandosi perfettamente con le note dei Daft Punk, architetti sinestetici dell’universo caotico e formalmente perfetto della Rete. L’effetto è evocativo, alienante,  esaltato dall’utilizzo del 3D, del motion capture e delle riprese di live action che contribuiscono a trasportare lo spettatore in un mondo sempre più distaccato dalla nostra realtà caotica e limitata al visibile e alle nostre ristrettezze corporee. Ancora una nota di merito va alla fotografia di Claudio Miranda (Fight Club, Zodiac, Il curioso caso di Benjamin Button), ovviamente alla scenografia di Darren Gilford, agli effetti speciali della Quantum Creations FX e agli elegantissimi custumi di Michael Wilkinson.

Nel cast ci sono numerosi attori emergenti come il giovane Garrett Hedlund (il ventisettenne Sam Flynn) e la bellissima Olivia Wilde, che, nel ruolo di Quorra, riesce ad essere provocante guerriera vestita di latex (ancora più sensuale della Trinity di Matrix) e, al tempo stesso, creatura ingenua ed intrigante. Chiaramente tutto poggia sull’interpretazione, sicuramente un po’ in discesa nel secondo tempo, di Jeff Bridges, che gioca il doppio ruolo di Clu (ringiovanito in maniera non molto riuscita) e di Kevin Flynn. Nella trama, però, è presente un altro personaggio marginale ma incantevole: Castor, incarnato dall’istrionico Michael Sheen, che richiama meravigliosamente un illuso Cappellaio Matto del Paese delle Meraviglie.

La cinematografia della cibernetica si è modificata notevolmente negli ultimi anni e i frenetici progressi tecnologici ed informatici hanno creato nuovi interrogativi e molteplici spunti di riflessione, più introspettiva che sociologica. Nell’era in cui la religione non ha più alcun senso, continuiamo a ricercare le nostre origini ideali al di là della tirannia della materia, plasmando la tecnologia in modo da utilizzarla come veicolo comunicativo, ma anche come strumento di crescita spirituale. Una volta il mondo virtuale, le macchine e i cyborg erano visti come una minaccia nella fantascienza, adesso rappresentano la soluzione, estremamente complessa, che ci aprirà le porte ad una fede intima e più convinta.

Tron Legacy, con la sua sceneggiatura poco originale, in cui emergono rapporti personali per nulla convincenti, e con i suoi piccoli difetti (presenti soprattutto nella seconda parte), ha sicuramente il merito di dichiarare che, spesso, ciò che a parole non può essere espresso è descrivibile con immagini e suoni, suggestionando lo spettatore fino all’anima, riportandolo alla sua primordiale essenza in cui possa ricercare, nel “caos di forme leggiadre” (“Mis-shapen chaos of well-seeming forms“, cit. Shakespeare), la sua individualità, il suo rapporto con il divino e con la perfezione a cui aspira.

Voto Finale: 6

 

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