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7/10

Dune regia di David Lynch

Fantascienza
recensione di Cristina Coccia

Dune è il nome del pianeta Arrakis, dove dominano distese sconfinate di sabbia. Il pianeta deserto è il luogo di estrazione della Spezia Melange, preziosissimo prodotto di scarto del metabolismo dei Vermi delle sabbie (chiamati anche Shai-Huludin arabo “cosa eterna”). Arrakis, sfruttato e abbandonato dagli Harkonnen, è ora abitato dai Fremen, che attendono la venuta di un Messia, unMahdì che li guidi, tramite una feroce jihad, alla conquista del pianeta. Il motto è: “Chi controlla la Spezia controlla l’universo.” Nell’anno 10191, l’universo di Dune presenta un’umanità disseminata tra diversi pianeti, dove vige un sistema feudale. Ci sono, in particolare, tre importanti casate: gli Atreides, che abitano sul pianeta Caladan, governati dal duca Leto “Il Giusto”; la casata Harkonnen, guidata dal barone Vladimir Harkonnen, nemico acerrimo degli Atreides; e la casata Corrino, di cui fa parte l’Imperatore dell’universo conosciuto Shaddam IV. Nonostante il suo sconfinato potere, l’Imperatore subisce le pressioni della Gilda spaziale, l'organizzazione che detiene il monopolio dei trasporti fra i mondi dell'impero. La Gilda è un’organizzazione sovranazionale, principale soggetto economico dell'impero, ma, soprattutto, importantissimo soggetto politico in grado di tenere in pugno anche l’Imperatore Shaddam IV. L’unico in grado di riportare l’ordine nell’universo è Paul Atreides, unico figlio ed erede di Leto Atreides e della sua amata concubina Lady Jessica, parte del progetto eugenetico millenario della Sorellanza delle Bene Gesserit, che mira ad ottenere l’essere supremo, futura guida dell’universo.

Il mistero intorno alla prima pellicola di fantascienza del visionario David Lynch è immenso e al regista di Eraserhead è sempre piaciuto apparire come un incompreso al pubblico e ai critici. Quando decise di lavorare alla trasposizione cinematografica del ciclo di romanzi di Frank HerbertLynch fu criticato da tutti coloro che, prima di lui, avevano tentato l’impresa. Il surrealista Alejandro Jodorowsky, in particolare, ci andò vicino, coinvolgendo molti artisti, tra cui Salvador Dalí per il ruolo dell'Imperatore. Alla prima del film di Lynch si espresse così: “All'inizio ne ho molto sofferto perché pensavo di essere io l'unico in grado di realizzarlo. Sono andato a vedere il film con molta sofferenza, pensavo che sarei morto, ma quando ho visto il film mi è tornata l'allegria, perché il film è una merda”. D’altro canto, il bizzarro regista di El topo non ci ha mai dato modo di confrontare il “suo” Dune con quello di Lynch, quindi, in questa sede, sarebbe per noi inutile applicare la sua “immaginazione attiva” per paragonare le due pellicole e per “mettere a fuoco la vita dai punti di vista che non sono i nostri, pensare e sentire partendo da prospettive diverse”(cit. Jodorowsky). A volte la vera pulsione inconscia da analizzare è quella che spinge certi “artisti” a psicoanalizzare i comportamenti altrui e a proporre spassose terapie, quando, in realtà, dovrebbero rivolgere verso loro stessi questi bizzarri insegnamenti. Ci sarebbe molto materiale su cui lavorare!

Lynch, nei suoi film, è criptico, lascia spazio ad innumerevoli analisi critiche, ma le suggestioni che riesce a fornire nelle sue scene oniriche sono paragonabili a quelle di poche altre pellicole. È senza dubbio un regista che sa come operare sulla mente dello spettatore, in maniera quasi magica e questa sua attitudine si rivela anche in Dune, nonostante sia sempre stato descritto come il meno lynchiano tra i suoi film.

In uno scenario da steampunk, Lynch propone una sua visione della futura società, ancora governata dagli interessi economici e da un organismo, la Gilda, che possiede un sistema bancario con filiali su tutti i pianeti dell'impero e che manovra i flussi finanziari attraverso la galassia. Difficile non riportare la saga degli Atreides al nostro attuale sistema politico economico! In questo mondo di deserti sconfinati e acque miracolose, l’universo di Dune appare in contrasto con la collocazione futuribile della trama. Gli ambienti, gli edifici, gli interni e i costumi ricordano, con un eclettismo artistico che mescola elementi ipertecnologici e scenari fiabeschi, i castelli di Baviera (Neuschwanstein e Hohenschwangau tra tutti) realizzati da Ludwig II, personaggio, tra l’altro, a cui fa esplicito riferimento proprio il protagonista Paul Atreides (un giovanissimo Kyle MacLachlan, non ancora legato al ruolo di Dale Cooper in Twin Peaks) sia nel carattere che nei costumi e nelle nobili fattezze.

L’atteggiamento è volutamente antiscientifico, conservativo e le atmosfere sono lugubri, inquinate, soprattutto nel caso del pianeta Giedi Primo, governato dai perfidi Harkonnen. Le scene sono sature di incubi, l’aria è maleodorante, e i drappi fluttuanti, caratteristici del surrealismo di Lynch, sono metaforicamente cupi, dipinti di colori torbidi e dorati, come le dune di sabbia che celano pericoli mortali. Le paure scatenate dalle pellicole dell’autore di Velluto Blu sono difficilmente descrivibili, perché profonde e oscure, legate a dimensioni subumane e istintive. L’estasi è euforica, ma inquietante, e le visioni, che si generano nello stato di sonno profondo, sono angoscianti e presagiscono eventi infausti. In una società dove i vizi umani sono estremi e sempre più bestiali, la Spezia è tanto pregiata perché è in grado di amplificare le percezioni, di espandere ogni sorta di conoscenza e di annullare lo spazio, quindi di superare i limiti della natura umana.

L’abilità di Lynch nel rappresentare l’immaginario di Dune è stata quella di personalizzarlo con i suoi incubi, con gli eleganti rimandi a Jules Verne e al cinema di George Méliès, con le esposizioni multiple e le immagini dell’imbarco e delle lune citate spesso da Paul Atreides. Le musiche dei Toto e gli effetti speciali di Carlo Rambaldi (Mr. E.T.) ammantano  l’opera di un enigmatico velo creato dalla coesistenza di antico e nuovo, di musica sinfonica (da Beethoven e Mahler a Sostakovic e Cherubini) e rock, di strumenti tradizionali e sperimentali (come lo stick, suonato da Patrick Stewart in presenza del duca Atreides e di suo figlio).

Inoltre, non sono da sottovalutare i continui riferimenti all’acqua, che nel simbolismo indica la catarsi, la purificazione e il lavaggio dal mentale, il ritorno ad uno stato informe e indifferenziato, necessario per la rigenerazione e per la rinascita. Non è un caso che Paul, il Mahdi, debba superare come prova l’Agonia della Spezia, un rito che comporta l’ingestione dell’essenza di spezia, detta anche, appunto, Acqua della vita. È interessante notare che, nel Ciclo di Dune di Herbert, la Sorellanza delle Bene Gesserit distribuisce alla comunità dei Fremen l’Acqua della vita, trasformata in una sostanza non tossica dalle Reverende Madri, nel corso di riti orgiastici, che, simbolicamente, hanno la stessa funzione di regressione liberatrice nell’informe, e, quindi, di lustrazione.

Tutta la storia di Dune è, in realtà, una sorta di viaggio attraverso lo stato di sogno, per arrivare ad una nuova esistenza, sotto la guida di un Messia. Rivelatrici e profetiche sono le parole del Duca Leto Atreides: “Un uomo ha bisogno di nuove esperienze. Senza cambiamenti qualcosa si addormenta dentro di noi e raramente si sveglia. Il dormiente deve svegliarsi.

Il dormiente che deve svegliarsi e guidare il popolo Fremen è chiaramente Paul Muad'Dib, suo figlio, che, sopravvissuto al rito di passaggio, sarà in grado di sconvolgere e distruggere interamente gli equilibri economici e politici distorti che si erano venuti a creare in passato. “Il vostro tempo è giunto: sta arrivando la tempesta, la nostra tempesta e, quando arriverà, scuoterà l’intero universo.”  Queste sono le sue parole prima della battaglia su Arrakis.

Alla fine della tempesta soltanto il Messia sarà in grado di ristabilire l’ordine nel cosmo, e Dune è una perfetta descrizione di una delle tante storie improntate sul messianismo che pervade la nostra cultura moderna e che, probabilmente, è da imputare alle distorsioni delle nostre religioni, che hanno perso da secoli le loro radici simboliche e profonde. Negli occhi di Alia, sorella di Paul, e nel tono delle sue parole, alla fine della pellicola, si percepisce, forse, una critica a questa mentalità, ma questa potrebbe essere solo una delle tante interpretazione del film di Lynch. Entrare nelle sue opere, spesso, è come entrare in un altro mondo, “quasi” magico, ma, talvolta, si ha l’impressione che quello che ci si trova dentro sia una sua reinterpretazione della magia che dovrebbe generare il processo creativo. Chissà se, in questo mondo rovinato dalle bestialità della natura umana e dal dominio del potere economico, possiamo dire di essere in grado di percepire la magia…

 

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Voto degli utenti: 6,3/10 in media su 8 voti.

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Gabrepa1990 (ha votato 8 questo film) alle 5:31 del 15 settembre 2013 ha scritto:

a mio avviso un ottimo film, a suo tempo stroncato ingiustamente dalla critica. Lynch è riuscito nell'arduo compito di riassumere in poco più di un ora e mezza il romanzo di Hebert cosa che non tutti i registi sarebbero in grado di fare. Una piccola curiosità in questo film appare anche l'attrice Silvana Mangano in uno dei suoi ultime apparizioni sul grande schermo nel ruolo di una sacerdotessa

tramblogy alle 21:53 del 18 settembre 2013 ha scritto:

Questo film l ho visto nel 1985...dopo la presentazione di tutto il cast a domenica in con damato...che ricordi, che nostalgia, che bellezza spaziale...ma riguardarlo adesso qualche problema sugli effetti speciali ...bello bello!

Marco_Biasio (ha votato 5 questo film) alle 22:53 del 22 novembre 2014 ha scritto:

Aldilà delle difficoltà sovrumane incontrate da Lynch nei rapporti lavorativi e umani con la produzione, e il conseguente peccato di disaffezione in corso del regista verso il suo prodotto (che si vede tutto) v'è un errore di fondo: la pretesa di voler rappresentare uno scrittore, Herbert, che per densità di scrittura e di contenuto non è rappresentabile. Nemmeno il Nolan del 2014, con a disposizione i mezzi del Nolan del 2014, riuscirebbe a girare una pellicola sensata: figuriamoci Jodorowsky, figuriamoci Lynch che col fantasy, perdipiù, non aveva niente a che fare. Troppo criptica la trama, ridicoli gli effetti speciali, inutilmente kitsch la colonna sonora. L'unico incidente di percorso di un regista oltre ogni limite.