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8/10

Aguirre Furore Di Dio regia di Werner Herzog

Biografico
recensione di Gianmatteo Luchi

Il quinto lungometraggio di Werner Herzog, sicuramente una delle sue opere più famose, narra una vicenda realmente accaduta durante l’espansione dei conquistadores spagnoli in Sud America. Basandosi in parte sul diario del frate Gaspar de Carvajal, il regista bavarese rielabora liberamente il viaggio di un gruppo di spagnoli, guidati dal mefistofelico Lope de Aguirre, che discendendo su zattere il Rio delle Amazzoni, cercarono di arrivare alla leggendaria Eldorado,  città dorata, sperduta nei meandri della giungla sudamericana.

Il film si apre con le maestose immagini delle Ande, dove il gruppo originario della spedizione, a causa della penuria di viveri, si divide. Il capo, Ponzalo Pizarro, decide di inviare i suoi 40 migliori uomini su tre zattere, a terminare la ricerca, a patto che ritornino in una settimana.

Da subito i campi lunghi, il soffermarsi sulle azioni e sui volti degli indios, i semplicissimi stacchi di montaggio uniti però a movimenti di macchina molto lirici, e ad inquadrature irruente, asimmetriche e penetranti, fanno emergere la vena documentaristica di Herzog, anche in questa pellicola, magnifico affresco storico e nello stesso tempo penetrante descrizione di una vera e propria discesa all’inferno, inferno in terra e nella mente dei protagonisti.

Nel gruppo, guidato formalmente da Don Pedro de Ursùa, emerge subito l’ambigua personalità di Aguirre, che subdolamente, facendo leva sulle diverse psicologie dei personaggi, prende in mano il comando della spedizione, eliminando gli oppositori e usando a suo piacimento l’autorità politica del neo-nominato imperatore di Eldorado, Don Fernando de Guzman, e quella spirituale del frate Gaspar de Carvajal (che nella realtà non partecipò alla spedizione).

Il Rio delle Amazzoni si trasformerà in un vero e proprio Acheronte per gli avventurieri, che dovranno affrontare pericoli di ogni tipo, dalle insidie naturali ai costanti agguati dei selvaggi cannibali. Il ritmo di questa discesa agli inferi è lento ed implacabile allo stesso tempo, e il vero motore dell’azione è la megalomania di Aguirre, metafora della megalomania dell’uomo bianco, che sostituitosi a Dio, si è spesso dimenticato di non essere solo al mondo, e che la terra è abitata anche da altri uomini e dalla natura… di fronte ai quali spesso non c’è che la disfatta.

“Convertire questi selvaggi è davvero un compito arduo"

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Voto degli utenti: 8,5/10 in media su 4 voti.

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Enzo Barbato (ha votato 8 questo film) alle 14:41 del 11 gennaio 2010 ha scritto:

Apocalipse now

Complimenti per la recensione, dove ho molto apprezzato l'accostamento Rio delle Amazzoni/Acheronte, quanto mai appropriato. Penso che Francis Ford Coppola abbia ringraziato in più occasioni Herzog per la scena del lento martirio sul fiume.

Gianmatteo Luchi, autore, alle 12:01 del 12 gennaio 2010 ha scritto:

Grazie per i complimenti..anch'io ho pensato ad Apocalypse now effettivamente. Di sicuro Coppola qualche debito ce l'ha.