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5/10

Percy Jackson E Gli Dei Dell Olimpo: Il Ladro Di Fulmini regia di Chris Columbus

Fantasy
recensione di Gabriele Niola

Perseus "Percy" Jackson è il figlio di Poseidone e di una mortale ma non lo sa, pensa di soffrire di deficit da attenzione ma in realtà è la sua natura combattiva che lo fa stare attento a tutto quanto contemporaneamente, sembra dislessico ma il problema è che la sua mente è tarata sul greco antico e non sull'inglese. Tutto sarà però chiaro quando le Furie tenteranno di attaccarlo perchè accusato di aver rubato il fulmine di Zeus. A quel punto quelli che credeva amici e professori dovranno rivelare essere anch'essi creature mitologiche introducendolo alla sua nuova vita nel campo d'addestramento Mezzosangue.

Leva la magia metti la mitologia greca. Tra poco la fortunatissima saga di Harry Potter sarà esaurita e toccherà a qualcun altro riempire le tasche delle produzioni, quel qualcuno potrebbe essere Percy Jackson che appositamente è stato ricalcato sul modello potteriano: frequenta una strana scuola ma vive avventure incredibili, ha un'amica saggia e uno divertente, è un predestinato, ha poteri che non comprende e via dicendo.

Questo primo film, come del resto quelli che seguiranno se ci sarà un'adeguata risposta da parte del pubblico, viene da una serie di libri scritti dall'americano Rick Riordan e la distanza con lo stile e il mondo inglese si sente profondamente. Il Percy Jackson filmico, nonostante possa contare per l'adattamento sull'esperta mano di Chris Columbus (come già era stato per il mago di Hogwarts), non solo è molto fasullo nelle scene d'azione e non riesce a creare personaggi credibili nelle loro avventure fantastiche, ma manca anche di dare vita ad un contesto adeguatamente affascinante.

L'unica scelta che non segue la linea potteriana è infatti quella di non ambientare le storie in un mondo altro ma di inserire quella mitologia nel mondo reale contemporaneo. Questo fa sì che le storie non si svolgano in quell'universo idealmente sospeso da sempre uguale a se stesso in cui agisce Harry Potter, quello in cui non è presente nessun feticcio tecnologico o nessuna marca, popolato da oggetti, poteri e funzioni inedite utili a fare le medesime cose che nel mondo reale facciamo con la tecnologia. Le avventure di Percy Jackson traboccano di riferimenti pop alla crisi economica, ai videogiochi e a prodotti di consumo culturale.

La Apple ha uno dei migliori product placement di sempre con il suo iPod Touch (usato per riflettere l'immagine della Medusa e in questo modo sconfiggerla), così anche la Converse, le cui scarpe montano le ali applicate da Ermes. L'obiettivo era fare un Harry Potter più divertente, il risultato è un'americanata nel senso più pieno del termine, cioè un'opera in cui l'iperbole e l'esagerazione trionfalistica e autoassolutoria raggiungono nuove vette.

La geografia dei miti greci è riscritta per piegarsi non solo ai luoghi ma anche ai miti americani (il partenone di Nashville, l'entrata dell'Ade ad Hollywood, quella dell'Olimpo in cima all'Empire State Building e Las Vegas luogo d'oblio) e i grandi attori di Hollywood sono chiamati ad incarnare le figure mito. Forse il cinema americano è la mitologia moderna, in gran parte esso assolve alla funzione mitopoietica, ma dirselo da soli con questa grossolanità è abbastanza ridicolo e, nonostante quel che si dice in giro, non si intravede l'ombra di un'aria ironica e scanzonata.

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