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5/10

L'Illusionista regia di Sylvain Chomet

Animazione
recensione di Gabriele Niola

Al centro di L'Illusionista c'è un'illusionista nell'era che vede il tramonto dei teatri, della rivista, del vaudeville e di tutto quello che volete accomunare alle forme di spettacolo più ingenue e apparentemente autentiche. L'illusionista del titolo non è molto capace, ricicla sempre i soliti tre-quattro trucchi e al giorno d'oggi riesce a fare colpo unicamente su gente di paese, tanto che nella sua tourneé in Scozia conosce una ragazza talmente più giovane di lui da affezionarcisi come ad un padre e viceversa. La coppia gira le ultime città del tour, lui le fa i regali mascherandoli da trucchi magici, lei ci crede ma i giorni dello spettacolo sono ormai agli sgoccioli.

Su sceneggiatura mai realizzata (e un motivo ci sarà) di Jacques Tati, Sylvain Chomet, su invito della figlia dell'attore/regista franco-russo, realizza un film à la Tati ma con sensibilità chometiana. Il risultato purtroppo è che le tante sensibilità e le tante cose interessanti che si erano viste in Appuntamento a Belville mancano. Il difetto più evidente di Chomet, ovvero l'attrazione per un tipo di cinema e un tipo di idea di mondo fuori dal tempo, si manifesta in pieno e senza remore. Contando su una sceneggiatura effettivamente proveniente da un altro tempo il regista francese sembra voler tentare di girare un film d'altri tempi, tempi che, per definizione non ci sono più e che sullo schermo pesano come macigni.

L'idea moderna di raccontare una storia di personaggi e di individualità, svincolata dalle necessità di intreccio, cozza con tutto il resto dell'impostazione, specie con le critiche all'acqua di rose al mondo dello spettacolo e al cambiamento culturale. Va bene il pamphlet antitecnologico, antimodernista e nostalgico dei bei-tempi-andati-che-non-ritorneranno-più, ma che non sia il centro del film, che ci sia qualcosa di più!

Con un'animazione vecchio stampo e una bravura che tutti gli riconoscono fin dalla sua precedente opera (che è anche il suo esordio), Chomet si loda e si sbroda senza senso apparente. Il suo illusionista in un modo che ha dimenticato certi valori, vaga senza un perchè e senza generare vera empatia. Il rischio (che si materializza puntualmente) è che la patina nostalgica conquisti i più e scaldi i cuori senza vere motivazioni.

V Voti

Voto degli utenti: 8/10 in media su 3 voti.
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alexmn 8/10
Cas 9/10

C Commenti

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Peasyfloyd, autore, (ha votato 7 questo film) alle 14:54 del 8 febbraio 2011 ha scritto:

non condivido il giudizio tranchant di Gabriele. la tematica regge tuttora, mostrando la sua piena attualità dell'opera: critica della modernità come mondo consumistico e materialista in cui si perde il senso della bellezza, della poesia e della magia. Un mondo alienante in cui perfino il "mago" solidale, disponibile e altruista è obbligato a mutare pelle per sopravvivere alla propria stessa generosità. Purtroppo tutto ancora attualissimo, portato oggi alle estreme conseguenze ma reso elegantemente da un Tati che evidentemente aveva già capito tutto anni addietro.

il rischio maggiore del film invece a mio avviso è nell'eccessiva lentezza della prima parte, che fatica a carburare. Nella seconda però si toccano apici lirici commoventi e manca poco ci scappi la lacrimuccia. Splendidi infine i disegni e la costruzione dei personaggi. notevole anche la capacità di portare avanti una storia praticamente senza dialoghi. Non posso non confessare ad esempio che un capolavoro come Playtime mi abbia fatto addormentare durante la visione. Se ciò non accade qui è senz'altro anche merito della breve durata

Cas (ha votato 9 questo film) alle 22:28 del 23 dicembre 2011 ha scritto:

Personalmente l'ho trovato grandioso, in tutto. Chomet ci aveva già regalato quello splendore di Appuntamento a Belville, ora si supera con una favola romantica, commovente, capace di dar vita a personaggi tragici, pienamente umani (meno parodistici di quelli di "Appuntameto..."), complessi. Bello, bello, bello.