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5/10

Un Perfetto Gentiluomo regia di Shari Springer Berman

Commedia
recensione di Alessandro Pascale

Un commediografo fallito, che per racimolare un pò di soldi si "inventa" escort per accompagnare le vedove benestanti di New York, affitta una stanza del suo appartamento ad un giovane aspirante scrittore. Il fascino dell'uomo é tale che, seppur non privo di stranezze, diventa il maestro di vita del ragazzo, trasferitosi nella Grande Mela in preda ad una crisi esistenziale dovuta ad insuccessi lavorativi, letterari e sentimentali.

L'unico motivo di interesse de Un perfetto gentiluomo è Kevin Kline, vero e proprio animale da commedia forse troppo sottovalutato rispetto alle sue ottime capacità. La coppia di coniugi-registi Shari Springer Berman e Robert Pulcini (noti soprattutto per American Splendor, film del 2003 che ha ottenuto una candidatura agli oscar per la sceneggiatura) gli ritaglia qui un ruolo su misura per lui, valorizzandone appieno le doti istrioniche e clownesche: il personaggio che ne viene fuori, Henry Harrison, è uno spiantato e anziano esperto di letteratura che si dà arie da aristocratico e per racimolare qualche serata di gala e qualche soggiorno in Florida fa “l'accompagnatore” di dame illustri (e decrepite).

L'ottima caratterizzazione del personaggio, cui si accompagna l'altrettanto garbata e gradevole presenza di John C. Reilly, riescono a dare ossigeno e momenti di interesse ad una commedia altrimenti soffocata dal torpore e dalla noia. L'idea di aggiornare F. Scott Fitzgerald al terzo millennio era già azzardata di per sé. Quando poi scegli di lasciare questa delicatissima operazione alla prestazione di un Paul Dano assolutamente non all'altezza, il flop è garantito. Se poi gli metti a fianco senza nessun valido motivo una Katie Holmes recuperata dal frigorifero di Dawson's Creek è già un successo se riesci a sopravvivere fino al termine della visione.

Al di là di un cast fatto di luci e ombre è proprio il canovaccio generale che sembra poco riuscito. Il tema dell'identità (particolarmente intrecciato in questo caso con quello della sessaulità) non trova nel personaggio di Louis Ives uno svolgimento né uno sbocco adeguato e rimane in sostanza buttato lì a casaccio, in una narrazione fatta di tante parentesi aperte e poche chiuse. Sostanzialmente Un perfetto gentiluomo è un film inconcludente, che non sa dove andare a parare, e in ogni caso ci va zoppicando. Rimane comunque da antologia il look barba-capelli di John C. Reilly.

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