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R Recensione

8/10

Milk regia di Gus Van Sant

Drammatico
recensione di Fedra Grillotti

Storia di Harvey Milk, primo omosessuale dichiarato ad avere accesso ad una carica pubblica negli Stati Uniti, attivista per i diritti gay che divenne il simbolo della lotta alla discriminazione.

Bianco e nero. Immagini e video di repertorio. Un locale sfollato dalla polizia, uomini che si allontanano coprendo il volto, altri finiscono in manette. Titoli di giornali brutali che parlano di arresti, di retate di omosessuali. È con questa sequenza suggestiva che Van Sant decide di introdurre la storia di Harvey Milk, primo gay dichiarato ad essere democraticamente eletto negli Stati Uniti.

Siamo nel 1978, a San Francisco. Milk è seduto al tavolo della cucina e di fronte a sé ha un piccolo registratore, che userà per incidere un messaggio, la sua ultima testimonianza qualora venisse ucciso.  

Se proprio si volesse cercare un difetto in questo film, sarebbe certamente l’aura semidivina che circonda costantemente la figura di Harvey Milk, col suo sorriso benevolo, la pazienza infinita, la tenacia così viva ed appassionata da condurlo finalmente alla vittoria, nel più classico trionfo del sogno americano: un po’ troppa retorica, troppo buoni i buoni, troppo indistintamente ottusi i “cattivi”.

Il resto però sono due ore di meraviglia in cui, al di là della storia e dei suoi ottimi interpreti (meritatissimo l’oscar a Sean Penn, mai sopra le righe eppure capace di conferire empatia immediata al suo personaggio), si gioisce e si sussulta per ogni virata di colore, ogni cambio di inquadratura, ogni piccola trovata registica che con umiltà, ma mai in modo banale, racconta la storia che legò indissolubilmente Harvey Milk, uomo e attivista politico, alle strade San Francisco. Con un montaggio che alterna flashback e scene di repertorio al monologo di Milk che registra il suo testamento spirituale.  

Dall’apertura del negozio di fotografia “Castro Camera” al primo comizio sulle casse di sapone, dalle marce per i diritti all’arrivo nel palazzo comunale, dal confronto/scontro con i politici locali al referendum per i matrimoni gay, la storia di Milk segue un percorso in crescendo, rassicurante e prevedibile nella sua linearità. Quello che sembra contare davvero per Van Sant qui non è (sol)tanto la trama, o l’ottima prova d’attore di Sean Penn, ma il completamento di un percorso registico che in Milk trova finalmente la quadratura del cerchio, il trait d’union fra il Van Sant “indipendente” di Paranoid Park ed Elephant da quello “canonico” di Will Hunting e Scoprendo Forrester. Senza dimenticare il brillante esordio Mala Noche, che spesso Milk sembra evocare nell’uso del bianco e nero, nella descrizione delicata dei momenti d’intimità e nella vivida ricostruzione dell’atmosfera nelle strade di Castro, il quartiere gay di San Francisco dove Harvey tiene i suoi primi comizi, si circonda di amici e sostenitori e dà vita ad un movimento socioculturale consapevole e inarrestabile, capace di sopravvivere alla morte stessa.  

Che cos’è allora Milk? Un film fieramente militante, certo. Ma anche il ritratto appassionato di un uomo e di una comunità, un passaggio necessario e fondamentale nella filmografia di un regista che fra alti (Gerry, Elephant, Paranoid park) e bassi (Scoprendo Forrester, Last days), negli ultimi due decenni ha consegnato alla storia del cinema alcuni momenti di lirismo assoluto.

V Voti

Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 11 voti.

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Peasyfloyd, autore, (ha votato 8 questo film) alle 0:50 del 9 maggio 2009 ha scritto:

l'ho trovato un pò troppo volutamente provocatorio nella prima parte, dove sembrava quasi si volesse gratuitamente "provocare" lo spettatore. Dopo invece questo blocco si scioglie e la narrazione scorre via piena dipassione. nel complesso un gran bel film davvero. Bella rece fedra, anche se su elephant ho delle grosse riserve

SanteCaserio (ha votato 6 questo film) alle 0:30 del 11 agosto 2009 ha scritto:

Mmm

ora tocca tirare fuori una recensione di Elephant (non mi è dispiaciuto ). Per Milk invece vale una sensazione di fondo già sperimentata in Scoprendo Forrester e Will Hunting. Scorre tutto troppo liscio. Il bianco e nero rimane nella sceneggiatura. Quoto anche per le scelte provocatorie della prima parte. Però il fastidio è sulla decisione di presentare tutto come una graziosa sfilata che termine con una sfortunata caduta. Purtroppo la storia è altra...