Drive regia di Nicolas Winding Refn
AzioneA Los Angeles, uno stuntman (Ryan Gosling) arrotonda lo stipendio facendo l'autista notturno per la mafia. Si invaghisce della sua vicina di casa, ma un colpo finito male mette in pericolo entrambi.
La sequenza iniziale è da antologia: l'autista, auto parcheggiata pronta a partire, cronometra i suoi compagni; fatto il colpo, accende il motore e parte. Sono inseguiti. Infiltrandosi nelle frequenze della polizia, l'autista ne spia i movimenti ed evade dalla zona sorvegliata. La regia di questa sequenza è da manuale di cinema: i tempi d'attesa, la tensione creata da un montaggio perfetto, veloce ma non troppo, la fotografia giocata sulla scarsa visibilità notturna, il sottofondo elettronico: un esempio di grande cinema. Per tutta la pellicola Nicholas Winding Refn tiene le redini di un'opera minuziosamente studiata dal punto di vista tecnico, che fa assaporare ogni inquadratura, anche le più convenzionali. Meritato premio per la miglior regia a Cannes, Drive viene proposto a Locarno forte di un'onorificenza che premia il talento di un regista che sa far aspettare, coinvolgere e colpire lo spettatore con scene di violenza brutale alternate a momenti di delicata enfasi sentimentale. Il binomio amore/violenza trova la sua massima convergenza in una scena, ambientata all'interno di un ascensore, che è di una maestria talmente elevata da commuovere.
Sebbene la recitazione potesse essere più incisiva (il protagonista Ryan Gosling non brilla certo per espressività , pur mettendo in questo modo in risalto la fredda mentalità calcolatrice del personaggio; i comprimari sono tanto efficaci quanto poco incisivi) il coinvolgimento è assicurato dall'ottima colonna sonora di Cliff Martinez, che alterna pezzi non originali a partiture elettroniche sempre azzeccate, in grado di coniugarsi perfettamente con gli stati emotivi dei personaggi: malinconia, ansia, rabbia, voglia di fuga e di riscatto.
Come già accennato il lavoro di montaggio a parte di Matthew Newman è encomiabile, non solo nelle scene di inseguimento automobilistico (in realtà meno di quante ce ne si aspetterebbe dal titolo), ma anche in quelle più pacate e tranquille di vita quotidiana e dialogiche, rese interessanti da una fotografia che si diletta in accurati cromatismi (colori generalmente tenui e luci soffuse in cui spicca il rosso del sangue) e che usa le ombre per far risaltare espressioni e sguardi.
La storia di per sé è ciò che conta meno, classica e prevedibile, anche poco interessante se vogliamo, da thriller convenzionale. E' ciò che non permette al film di renderlo memorabile anche a livello di tematiche ed originalità , due elementi in cui invece la pellicola è assai debole, scivolando inesorabilmente nel già visto. Focalizzandosi sulla ricerca di un'estetica perfetta, Refn trascura il contenuto, per offrire allo spettatore un intrattenimento di gran classe ma avaro di contenuto.
.
Tweet