R Recensione

8/10

The tribe regia di Myroslav Slaboshpytskiy

Drammatico
recensione di Alessandro Giovannini

In una scuola per sordomuti, un giovane viene arruolato dalla gang locale, dedita a pestaggi, sfruttamento della prostituzione ed altre amenità.

I film sugli adolescenti terribili non mancano, specie nei contesti scolastici, basti pensare al recente Class Enemy (a mio parere uno dei più bei film dell'anno) dello sloveno Rok Bicek, o al già cult Confessions di Tetsuya Nakashima, del 2010, o ancora a Posh di Lone Scherfig, di imminente uscita, sugli esclusivi circoli universitari di Oxford. Dall'est Europa arriva ora The Tribe, ed è anch'esso una rivelazione. Innanzitutto per la scommessa, vinta, di realizzare un film parlato solo nella lingua dei segni, quindi niente dialoghi, niente sottotitoli, niente voice over: il cinema che torna ad essere soprattuto gesto, azione, con la sua incredibile capacità di farsi linguaggio senza bisogno di parole (certo se capite il linguaggio dei segni non vi mancheranno nemmeno quelle).

La vicenda segue un canovaccio piuttosto classico, che ricorda gli intrecci gangsteristici dei film di Martin Scorsese o i plot fatalistici di Nicholas Winding Refn, con protagonisti condananti alla sofferenza in un mondo privo di salvazione. Il nuovo arrivato nella scuola traviato dalla gang locale che si infila in un tunnel di violenza e si innamora della ragazza sbagliata, per poi subire un umiliazione e vendicarsi, in una spirale infinità di crudeltà: nulla di nuovo, ma che bello vedere un qualcosa di risaputo raccontato in modo così originale; tutti gli snodi narrativi sono chiari, lo spettatore non si sente mai spaesato di fronte a ciò che accade. C'è molta violenza anche se è più suggerita che mostrata. C'è una scena di aborto piuttosto cruda che non può non richiamare alla mente 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni, capolavoro di Cristian Mungiu; peraltro il tema dell'aborto visto come una cosa sporca, dolorosa e frutto dell'irresponsabilità delle madri è un argomento ricorrente ultimamente, basti vedere Over Your Dead Body di Miike Takashi (anch'esso presentato a Toronto) o la versione uncut di Nymphomaniac Volume II, presentato in questi giorni a Venezia. Comunque nient'altro nel film batte il lungo pianosequenza finale in quanto ad efferatezza, una scena che manderà in estasi i fan dell'exploitation poco spettacolare ma molto cruda. Il film è costruito molto su pianisequenza, da una parte ottimo strumento per risparmiare tempo e soldi, dall'altro vera e propria cifra stilistica di cui Myroslav Slaboshpytskiy si serve per interconnettere spazi e personaggi all'interno del fatiscente dormitorio scolastico (per non parlare dei deprimentissimi esterni notturni e nevosi con costruzioni da edilizia sovietica). E non mancano scene di nudo.

In fin dei conti non so quanto si possa conderarlo un film di denuncia, non conoscendo la situazione sociale di quel paese; anche ritenendolo semplicemente un film di genere permane il consiglio di visione: un film azzardato nel concept che ha vinto con decisione la sua scommessa.

V Voti

Voto degli utenti: 8/10 in media su 1 voto.
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alexmn 8/10

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