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8/10

Il Rifugio regia di François Ozon

Drammatico
recensione di Emiliano Bona

Una giovane coppia parigina consuma in una stanza d’albergo una dose di eroina. Per lui è l’ultima, lei si salva e scopre in ospedale di essere incinta. Decide di tenere il bambino, consapevole delle difficoltà, e fugge dal mondo rifugiandosi in una casa nella sperduta campagna francese. Qui viene raggiunta da Paul il fratello del compagno morto di overdose. Tra i due si instaura un rapporto particolare, dapprima timido e impacciato, poi più aperto e affettuoso, infine passionale. Tutto è però destinato a cambiare nuovamente quando nasce il figlio di Mousse.

Notevole film d’autore per un Ozon che con il suo ultimo “Richy: una storia d’amore e libertà” aveva deluso. Qui invece si tratta di ben altro cinema, un po’ alla Dardenne: tratto asciutto e fermo, dialoghi centellinati ma sempre efficaci, intensità nelle poche immagini chiave (il film stesso dura non più di un’ora e un quarto) ottima scelta delle inquadrature, colori e atmosfere sobrie come sobria è la campagna francese che si affaccia sull’oceano. La trama viene sviluppata quel che tanto che basta lasciando molto spazio all’interpretazione dello spettatore. Eppure l’ Ozon minimalista sa coinvolgere il pubblico con una storia intima e delicata cui manca tra l’altro la freddezza tipica dei due fratelli belgi.

Dialoghi come detto brevi ma sempre efficaci ed appropriati al momento della narrazione: inizialmente chiusi e quasi “bisbigliati” si fan mano a mano più ampli e aperti. È come se accompagnassero la difficile relazione tra i due protagonisti che, dapprima divisi da timidezza e imbarazzo, pian piano si aprono e si scoprono dandosi un vicendevole conforto e diventando, per un po’, compagni l’uno dell’altra nel dolore e nella vita che deve comunque continuare. Sullo sfondo di questo rapporto in evoluzione, un’attrazione fisica che si insinua fino a scoppiare in atto di passione, e che ancora una volta Ozon descrive con tratto leggero e discreto ma non per questo meno efficace.

Insomma film veramente notevole che pecca però in alcune mancanze narrative. Il regista esagera forse nel tono minimalista e lascia troppi particolari non sviluppati, scegliendo al contempo delle soluzioni narrative che finiscono con il sapere di sano irrealismo! Il finale è decisamente una prova inconfutabile di questa carenza indigesta ancor più considerato il valore dell’opera.

Un ultima menzione per la colonna sonora: meravigliosa e come il resto del film delicata e discreta nell’ accompagnare quest’opera francese d’autore da recuperare assolutamente. Non condivido il plauso della critica a Isabelle Carré. Brava per l’amor di Dio, ma non sopra le righe.

V Voti

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