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10/10

Hong Kong Espress regia di Kar Wai Wong

Drammatico
recensione di Fabio Brafa Musicoro

Il film racconta due storie unite solo da alcuni rimandi.

La prima storia racconta la sofferenza di Apu (o agente 223) per la sua rottura con la fidanzata Amei. Intanto una donna misteriosa, sempre vestita con impermeabile, occhiali scuri e parrucca bionda, si aggira fra i bassifondi di Hong Kong: che i due siano destinati ad incontrarsi?

La seconda storia racconta la sofferenza dell'agente 663, lasciato dalla sua fidanzata hostess. Quest'ultima però, prima di andarsene, lascia le chiavi della casa di lui al ristorante che di solito frequenta. L'inserviente del locale, innamorata segretamente dell'agente, si impossessa delle chiavi per conoscere meglio l'uomo che ama. Comincerà così una storia d'amore fatta di piccole cose e sensazioni impalpabili.

 

Hong Kong Express, o Chungking Express, come è conosciuto in Asia, film girato da Wong Kar Wai nel 1994, durante le pause di lavorazione del kolossal Ashes of times, non è il capolavoro di questo regista, per una mancanza di completezza di pensiero e profondità autoriale che verrà poi raggiunta da Wong con il film del 1999 In the mood for love.

Hong Kong Express, però, ha due enormi meriti: il maggiore è quello di essere stato il primo film dell'autore cinese in cui tutti i tratti distintivi ed immediatamente riconoscibili della poetica del regista sono presenti e ben evidenti. L’altro, non meno importante, è essere stato il film che ha portato popolarità e successo a Wong da noi in occidente, facendo scoprire il suo cinema al pubblico colto europeo, che ha da subito amato le tematiche delle sue opere vicine a quelle dei maggiori registi del movimento della Nouvelle vague.

Wong Kar Wai, dopo un’iniziale esperienza come sceneggiatore, approda alla regia con il film As tears go by, storia di un gangster di mezza tacca che tenta di tenere fuori dai guai un suo amico, liberamente ispirato ai primi film di Martin Scorsese,di cui riprende gli stilemi registici e la tipologia di narrazione. Nonostante gli iniziali modelli di riferimento però, già nel successivo Days of being wild, Wong Kar wai comincia ad introdurre nelle sue opere elementi dello stile registico e narrativo che lo farà diventare il regista di punta del movimento New Wave nato ad Hong Kong alla fine degli anni ottanta e sviluppatosi poi per tutto il decennio successivo. L’utilizzo di inquadrature strette e soffocanti, volte a rappresentare la solitudine dei personaggi; la fotografia dai colori saturi che assume la funzione di elemento riempitivo delle inquadrature più povere di elementi di contorno; la costante ricerca di ambientazioni realistiche che spesso diventano, nel loro squallore o nella loro fredda modernità, messaggio visivo del pensiero di Wong sulla condizione dell’essere umano nell’era della modernità cinese.

Questi elementi, tutti fondamentali nella mappatura della poetica di Wong Kar Wai, sono presenti in Hong Kong Express. Inseriti nelle storie di due poliziotti senza nome che si innamorano perdutamente di due sconosciute, che li costringeranno a riflettere sulla loro concezione dell’amore e della vita stessa.

Senza dubbio per chi scrive la carta vincente dell'opera non è la trama, che anche se molto universale nei suoi temi, non porta nessun messaggio nuovo allo spettatore del film. La grande peculiarità di questo film è rappresentata dal modo in cui il regista decide di rappresentare le solitudini dei poliziotti protagonisti dei due episodi di cui il film è composto. 223 (Takeshi Kaneshiro) deluso da una storia finita male, è convinto che anche l’amore, come tutto nella vita, abbia una precisa data di scadenza, allo stesso modo dei barattoli di ananas che compra nei supermarket 24 ore in cui si imbatte nelle sue notti solitarie. Lo scontro-incontro fortuito con una criminale fascinosa e senza nome (Brigitte Lin) lo porterà a credere di nuovo, anche se solo per un momento, che nella vita ci possa essere spazio per la speranza di innamorarsi ancora una volta. La speranza tradita di 223 diventa per Wong Kar Wai il mezzo attraverso cui esprimere allo spettatore la difficoltà di ottenere nella vita ciò che si desidera nel preciso istante in cui lo si desidera. E di come, proprio alla stessa maniera della scadenza di un barattolo di ananas, anche le cose più importanti della nostra esistenza sono già scritte e non modificabili dalla nostra volontà.

Diversa nel suo svolgimento, ma identica nel suo contenuto, la storia di 663 (Tony Leung Chiu Wai).

663 non riesce più ad amare. Troppo forte è in lui il ricordo della sua relazione con una hostess (Valerie Chow) che, proprio come un aereo, è partita per non ritornare. Ma una notte, durante un turno si ferma al solito chiosco per uno spuntino, l’attenzione di 663 è attirata da Faye (Faye Wong) , la nuova cameriera, che canta Dreaming California delle Mamas and Papas e lavora per pagare il biglietto aereo con cui raggiungere quella terra lontana che tanto ama. In questo episodio lo sviluppo della silenziosa ed impossibile passione che nasce fra i due protagonisti, 663 e Faye, è meravigliosamente narrato da un uso nervoso della steady-cam, attraverso i primi piani silenziosi e prolungati dei due protagonisti. Dalla scelta di location strette, asfittiche, come la casa all’interno del complesso di Chung King Express in cui vive 663, in cui ogni inquadratura al protagonista deve fare i conti con ostacoli visivi improvvisi e ingombranti: un muro divisorio, una grata alle finestre. Dal massiccio uso della colonna sonora, che diventa vero e proprio personaggio del film. In questo senso Dreaming California, (che suona in tutte le scene più importanti dell’episodio ed è, in nuce, il filo conduttore dell’episodio stesso) e la versione cinese di Dreams dei Cranberries che accompagna la memorabile scena in cui, in assenza di 663, Faye pulisce la casa del poliziotto (perfetta sintesi dell’anima duplice della città di Hong Kong, da sempre divisa fra Inghilterra e Cina), sono forse i due migliori esempi.

Hong Kong Express rimane, a distanza di quasi vent’anni dalla sua uscita nelle sale, uno dei più alti momenti della produzione artistica di Wong Kar Wai. Una pietra miliare della sua filmografia e dell’intero movimento registico della New Wave hongkonghese ed un film imprescindibile per chiunque, appassionato o semplice curioso, voglia iniziare a saperne di più su Hong Kong e sul modo di fare cinema che questa Città Stato ha saputo nel corso dei decenni esportare nel mondo.

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