Donnie Darko regia di Richard Kelly
ThrillerÈ il 2 ottobre 1988 e il motore di un aereo precipita sulla camera di Donnie, da allora la vita del ragazzo non sarà più la stessa: inizia a vedere Frank, il coniglio che lo ha salvato da morte certa, ma che gli ha anche vaticinato la fine del mondo. 28 giorni, 6 ore, 42 minuti e 12 secondi, questo è il tempo che rimane per cercare di bloccare la profezia…
Bene e Male, Giusto e Sbagliato, Amore e Odio. Si potrebbe continuare all’infinito, perché l’umanità ha sempre ragionato su questi dualismi attraverso filosofie, religioni e la società ne è impregnata. Ma la vita può essere riassunta in questo modo? Uno squarcio nel cielo o sullo schermo di un cinema o chissà dove potrebbe far vacillare questo schema, perché quando non si tratta più di scegliere solo tra due possibilità in una linea del tempo prestabilita , allora si può decidere veramente dove e come dirigere la propria esistenza: è la porta di confine ciò che bisogna cercare. Sempre.
Donnie Darko (Jake Gyllenhaal) è uno schizofrenico paranoide, ma alla fine del film vi chiederete, se lo sia mai stato per davvero. Donnie vede Frank e tramite lui sa che tra 28 giorni il mondo potrebbe cessare di esistere. Ma questo ragazzo con il nome da Supereroe Marvel è soprattutto un adolescente, immerso in questo folle mondo in cui non si capisce perché essere diversi sia così sbagliato o forse è molto chiaro: chi è ‘strano’ potrebbe pericolosamente pensare di andare al di là delle dicotomie imposte. Perché data la difficoltà nello scegliere ogni giorno,
Donnie sa bene che non si può riassumere tutto in due categorie, altrimenti si rischia di girare attorno ai problemi e fare della propria vita un girotondo continuo, un circolo vizioso, quello che invece bisogna fare è considerare molti e altri fattori: “l’intero spettro delle emozioni umane”. D’altronde compiere un’azione all’apparenza malvagia, in realtà potrebbe trasformarsi in un modo per cambiare le cose in meglio, dietro alla goffa danza di una ragazza grassa potrebbe celarsi l’unico vero ‘cigno’ della recita scolastica, altro che il balletto ben coreografato dalla perbenista/frustata professoressa di ginnastica, la stessa che ci impone come massimo esempio di vita un ambiguo predicatore dell’amore. It’s a very very Mad World.
Donnie segue gli striscianti tubi trasparenti che escono dal suo petto, per cercare ‘la porta’, quella che metterà in luce i dubbi trasmessigli da Frank, il coniglio che è più di una semplice allucinazione da schizzato. Perché Frank lo manipola, gli fa compiere azioni che vanno al di là del bene e del male, lo porta addirittura al modo per sbarazzarsi di lui, mentre Donnie non comprende il vero filo conduttore degli strani accadimenti dentro e fuori la sua psiche, né il fine e anche noi spettatori non capiamo. Quello che stiamo cercando è di bloccare la fine del mondo? Oppure di cambiarlo? Di scegliere di cambiarlo arrivando alla soluzione, a quello squarcio luminoso eppure così terribile perché sconosciuto, ma inevitabile se si vuole prendere una decisione veramente e al di là di tutto. Si può essere passivi, lasciare che qualcun altro ci influenzi, per quanto tempo però? Donnie si rende veramente conto di quello che gli accade quando perde ciò che di più importante aveva trovato, solo allora il cerchio si chiude, la porta di confine si spalanca davanti a lui e con lei la possibilità di rompere lo schema e cambiare drasticamente il futuro, quello di tutti.
Donnie Darko è un film che ormai da molti viene annoverato tra le prime 100 pellicole del nuovo millennio. Ha avuto grande successo, dopo un iniziale silenzio da parte di pubblico e critica, anche per le innumerevoli interpretazioni date alla trama, molto ‘aperta’ fino all’uscita della versione Director’s Cut, in cui si è palesata la teoria del regista, quella legata ai viaggi nel tempo. Comunque al di là di ciò che ci può essere dietro alla complessa storia tra fantasia e scienza di Donnie, non troviamo solo questo livello di lettura.
Il giovane regista Richard Kelly cerca di passare dalla science fiction, alla vita quotidiana nella società americana, ai sentimenti/pensieri di un ragazzo diverso da molti, ma non da tutti. Sicuramente è questo che rende speciale la pellicola (dalla colonna sonora peraltro non indifferente), ma forse è anche il suo limite: raggiungere il pieno approfondimento dei diversi aspetti trattati e la loro completa unione non era cosa da poco e l’intricato lato fantascientifico ha annebbiato molte delle sfumature interessanti che questo film ha o poteva avere al di là dei generi cinematografici specifici. L’opera resta comunque una buona prova, da vedere e rivedere per comprenderne a pieno i passaggi.
E dopo?
Dopo sta a noi spezzare il circolo.
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