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7/10

Halloween - La notte delle streghe regia di John Carpenter

Thriller
recensione di Jacopo Rossi

Dopo aver ucciso la sorella a 6 anni Michael Myers è stato internato in manicomio. La vigilia di Halloween di 15 anni dopo Michael riesce a fuggire e a fare ritorno nel paesino d’infanzia con l’intenzione di compiere una strage: le vittime designate sono la giovane Laurie Strode e i suoi amici. Sulle orme dello psicopatico nel frattempo si è messo il dottor Loomis, lo psichiatra che lo aveva in cura…

Film dichiaratamente di serie B, scritto dal regista con la produttrice Debra Hill e costato 325.000 dollari (a fronte di un incasso di 47 milioni!), Halloween riveste un’importanza capitale nella storia del cinema horror ed è considerato l’archetipo “ufficiale” del filone degli slasher movie. Anche se moltissimi elementi sono ripresi da opere precedenti (Psycho di Hitchcock, Peeping Tom di Powell, l’horror italiano di Dario Argento e Mario Bava…) non si può in nessun modo negare la portata innovativa del film di John Carpenter, a cui va il merito di avere introdotto nel genere una serie di topoi e figure caratteristiche che verranno replicate fino alla nausea da altri registi, fino a diventare oggetto di intelligente parodia in Scream di Wes Craven.

Il pubblico dell’epoca rimase colpito soprattutto dalle scene di sangue e di violenza, ma ad essere realmente degno di nota in Halloween è semmai il clima di inquietudine e di angoscia che serpeggia lungo tutta la pellicola, frutto di un intelligente abbinamento fra una colonna sonora di sinistra efficacia (scritta dallo stesso Carpenter con evidente rimando al motivetto che i Goblin composero per Profondo rosso) e il lento dispiegarsi degli eventi. Per lo spettatore di oggi il ritmo appare in effetti sorprendentemente dilatato, e la violenza molto contenuta, con pochissime scene di sangue localizzate soprattutto alla fine. Il filone slasher, in seguito, porrà l’accento soprattutto sulla figura dell’assassino e sulle sue efferate gesta riprese con dovizia di particolari raccapriccianti, e tralascerà le componenti più sorprendenti e sottili del cinema di Carpenter, in primo luogo l’intimismo e l’ambientazione provinciale.

Halloween è un film molto centrato sui suoi personaggi (quasi tutti giovani e di sesso femminile): per la gran parte del tempo li vediamo alle prese con la vita quotidiana e i problemi tipici degli adolescenti (scuola, amore, problemi con i genitori), inconsapevoli di andare incontro alla furia omicida di Michael Myers. In realtà la caratterizzazione dei giovani protagonisti non è esente da diverse facili concessioni agli stereotipi. Se i personaggi delle amiche di Laurie vengono semplicisticamente rappresentate come ragazze “disinvolte”, interessate al sesso e al divertimento, un po’ più approfondita è la figura della stessa Laurie, interpretata da un’esordiente Jamie Lee Curtis: una ragazza tranquilla, timida e un po’ repressa, che preferisce trascorrere la serata di Halloween a fare da babysitter a dei bambini piuttosto che darsi alla baldoria.

È stato certamente il pronunciato contrasto tra la “purezza” di Laurie e il comportamento “peccaminoso” delle amiche Annie e Lynda a prestare il fianco a interpretazioni moralistiche del film, che vedono in Michael Myers una sorta di punizione per la dissoluta vita della gioventù americana degli anni settanta: teoria avvallata dal fatto che alla fine l’unica ragazza capace di scampare all’assassino sarà proprio la virginale Laurie. Di certo non voluta da Carpenter (e da lui esplicitamente rifiutata come chiave di lettura), l’equazione sesso = morte diventerà comunque un altro dei segni caratteristici dello slasher movie, come verrà ironicamente sottolineato dalle famigerate “tre regole” di Scream (per sopravvivere in un horror: mai fare sesso, mai ubriacarsi o drogarsi, mai dire “torno subito”).

Altro elemento che ha contribuito ad alimentare la fama e il mito del film è la presenza di un assassino, Michael Myers, non direttamente rappresentato come un’entità sovrannaturale (è il classico psicopatico fuggito dal manicomio) ma a cui di fatto vengono attribuite caratteristiche ben poco umane, compresa la sostanziale “immortalità”. Più volte viene affermata dal dottor Loomis (Donald Pleasance) la natura assolutamente mostruosa ed eccezionale di Myers, la sua incapacità di provare qualunque emozione se non la brama di uccidere. Così, rispetto ai connotati assai “terreni” di un Freddy Krueger (il quale, al contrario di Myers, era paradossalmente un essere sovrannaturale!), Michael Myers è pressoché privo di segni caratteristici e di motivazioni psicologiche.

In tal modo Carpenter è riuscito a conferire all’assassino un’aura mitica e fiabesca, in tono con le credenze popolari connesse alla notte di Halloween (ovvero la notte in cui tornano le streghe). Anche la maschera che indossa di continuo concorre a disumanizzarlo, facendone una rappresentazione quasi astratta del Male Assoluto che incombe sulla tranquilla vita dell’America di provincia. È stato giustamente celebrato dai critici il prologo: un lungo piano sequenza girato tutto in soggettiva attraverso gli occhi dell’assassino, costruito con un’efficace accumulo di suspense che culmina nella scena dell’omicidio, per poi sfociare nella sconvolgente immagine del bambino biondo che regge in mano la mannaia insanguinata con cui ha appena ucciso la sorella.

La soggettiva dell’assassino è in realtà un elemento ripreso dal cinema di Dario Argento, variamente omaggiato nel corso di tutta la pellicola: basti pensare a certi movimenti di macchina, agli inconfondibili abbinamenti fra effettacci sonori e spaventi visivi, al senso di inquietudine localizzato lungo tutto l’arco del film. Va comunque tenuto presente che, ferma restando l’importanza del modello argentiano (e, indirettamente, di Mario Bava), Carpenter resta un regista saldamente ancorato alla tradizione classica del cinema americano: e non a caso il film che i personaggi guardano in tv in diverse scene di Halloween è La cosa da un altro mondo, una vecchio horror diretto da Christian Nyby e prodotto dall’amatissimo Howard Hawks.

Così, rispetto all’estro visionario di Dario Argento – morboso ed effettistico, ma indubbiamente “autoriale” e difficilmente imitabile – Carpenter predilige la semplificazione e la sintesi: pochi personaggi, rispetto dell’unità di tempo (la storia si svolge quasi tutta nell’arco di una giornata), una costruzione semplice ma intelligente dell’intreccio, e un’inquietudine costruita “per sottrazione”, puntando più sull’atmosfera che sui facili effetti. Parlando di Halloween non si possono infine non menzionare – oltre ovviamente all’immane influenza esercitata su classici dell’horror come Venerdì 13 di Sean S. Cunnigham, Nightmare: dal profondo della notte di Wes Craven, Il giorno di San Valentino di George Mihalka – la marea di sequel realizzati nel corso degli anni da mediocri registi, di cui soltanto Halloween II riveste un qualche interesse: scritto sempre da Carpenter e Debra Hill, è diretto da Rick Rosenthal e riparte esattamente dal brusco finale del primo film. Nel 2007 è stato realizzato anche un prequel/remake a opera di Rob Zombie.

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Voto degli utenti: 8,4/10 in media su 14 voti.

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Peasyfloyd (ha votato 8 questo film) alle 12:09 del 15 luglio 2009 ha scritto:

eh beh questo è un film storico, anche se di carpenter adoro di più altri film probabilmente meno seri e importanti come ad esempio fuga da new york.

sarebbe interessante un confronto con l'ultimo di zombie che è un fottuto signor film!

e complimenti al Rossi cmq per la rece

tramblogy (ha votato 10 questo film) alle 18:10 del 7 febbraio 2014 ha scritto:

sette?..ma va la!!!capolavoro!

alexmn (ha votato 9 questo film) alle 10:12 del 8 febbraio 2014 ha scritto:

questa volta mi trovo molto d'accordo.

Paul Ghetti (ha votato 9 questo film) alle 10:36 del 9 settembre 2015 ha scritto:

Capolavoro. La prima inquadratura, in soggettiva, è da antologia. Non sono d'accordo con la recensione