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R Recensione

8/10

La Migliore Offerta regia di Giuseppe Tornatore

Thriller
recensione di Alessio Colangelo

Virgil Oldman è un vecchio battitore d'aste, la sua vita scorre monotona e semplice fino a quando una donna non sconvolgerà tutto.

Vi ricordate cosa scriveva Titta di Gerolamo su un tovagliolo in Le conseguenze dell’amore di Paolo Sorrentino? “Ricordarsi di non sottovalutare le conseguenze dell’amore” e questo è proprio quello che dovrebbe fare Virgil Oldman, vecchio battitore d’aste immerso nel mondo della pittura a tal punto da essere diventato ormai un alieno in quello degli umani. Questo film che già da subito desta qualche sospetto sul personaggio femminile, troppo misterioso e riservato, tuttavia nasconde delle piacevoli sorprese a livello visivo. Il film esordisce con una serie di dettagli ravvicinati sugli oggetti del vecchio Virgil per poi spostarsi, con una panoramica vorticosa, sui quadri dei volti femminili che saturano e deformano lo spazio di una intera sala, circondando e avvolgendo l’uomo solitario immerso in estatica contemplazione nel suo shangri-la. La prospettiva che il regista ci pone sin da subito è quella di considerare non la singola opera d’arte, ma la molteplicità delle opere d’arte e dei quadri; l’inganno che si cela dietro una sola immagine fissa è proprio il non vedere al di là di questa, di non notare l’immagine successiva e quella dopo che spiegano le ragioni del movimento della prima. Lo spettatore deve fare i conti con diverse arti: in primo luogo quella più alta, la pittorica,  presentata già all’inizio nell’ universo diegetico; poi quella più profonda,  quella del quadro filmico, la sequenza ordinata dei 24 frames che Virgi (non può?) (e non vuole) vedere e poi l’arte più espressiva e più minacciosa che l’essere umano abbia mai inventato, quella della recitazione. Non viene ingannato da una donna Virgil, ma dalla sua recitazione, dal suo considerarla opera d’arte statica, non mobile e per questo non passibile di menzogna. Virgil viene ingannato dal movimento, proprio quanto lo spettatore cinematografico è convinto che un film si muova di moto proprio e non sia legato a qualcosa di statico come un quadro, un’immagine. Il resto del film è girato con scrupolosa e meticolosa precisione, il lavoro della fotografia è strepitoso, un esempio su tutti la scena finale di Virgil seduto al ristorante, avvolto da un‘ infinità di orologi da muro. Il ritmo lento della prima parte diviene sincopato nel finale quando tutto assume il tono di un thriller-noir dove però non muore nessuno: è l’arte a dominare il climax narrativo. La donna alla fine sparisce, si rende invisibile, come ha sempre creduto Virgil e proprio in questo troviamo la chiave tematica del film: in questo contrasto tra visivo e invisibile, tra vero e falso, tra pittura e cinema.

La cosa che farà ricordare positivamente questo film è l’interpretazione di Geoffrey Rush che interpreta magistralmente  un personaggio che non ha visto il falso d’autore dove c’era.         

V Voti

Voto degli utenti: 8,3/10 in media su 4 voti.

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