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7/10

Berlin Syndrome regia di Cate Shortland

Thriller
recensione di Francesco Ruzzier

 

Claire è una ragazza australiana, appena trasferitasi a Berlino. Un giorno, per caso, incontra Andi, un affascinante insegnante di inglese, e tra loro scatta subito la scintilla. Tutto sembra andare a meraviglia quando, una mattina, Claire si sveglia a casa di Andi e trova la porta d'ingresso sbarrata.

 

È davvero difficile non rendersi conto di come, spesso e volentieri, la riuscita o meno di un film dipenda in maniera quasi vitale dall'approccio narrativo con cui la storia viene affrontata. Ed è decisamente appagante quando ci si trova di fronte ad un caso in cui questo accade in modo incredibilmente convincente: Berlin Syndrome di Cate Shortland è uno di questi.

Claire è una ragazza australiana, appena trasferitasi a Berlino per realizzare un reportage fotografico sui vecchi palazzi della DDR. Un giorno, per caso, incontra Andi, un affascinante insegnante di inglese, e tra loro scatta subito la scintilla. Tutto sembra andare a meraviglia quando, una mattina, Claire si sveglia a casa di Andi, si prepara per uscire e trova la porta d'ingresso sbarrata, tutte le finestre sigillate e il suo cellulare senza sim: quella che sembrava il romantico inizio di una storia d'amore si trasforma all'istante in un incubo.

Non è di certo il primo film della storia incentrato su un rapimento né sarà l'ultimo; è però sicuramente vedere come, nonostante il film sia in tutto e per tutto un thriller ad alta tensione, la regista australiana abbia deciso di costruirlo da un punto di vista formale come se fosse una love story indie: l'atmosfera che riesce a ricreare grazie ad un sapiente uso di tutti gli ingredienti cinematografici - dalla colonna sonora alla fotografia, dai primi piani ai ralenti - conferisce al film quel fattore umano che in questi casi di solito manca. E così lo spettatore si trova in difficoltà a condannare il rapitore tanto è convincente l'amore che lui prova per lei; allo stesso modo risulta complesso giudicare la protagonista quando commette quei classici errori da vittima che i personaggi dei film di solito compiono, tanto è complesso il suo rapporto con il rapitore, tanto è forte l'attrazione che lui esercita nei suoi confronti.

In questo senso è veramente incredibile l'abilità della regista australiana nel riuscire a cambiare continuamente genere, riuscendo per altro ad essere sempre convincente, sia nelle scene ad alta tensione che in quelle più romantiche. Berlin Syndrome riesce così a restituire in modo non convenzionale la complessità, l'ambiguità e l'assenza di logica dei rapporti umani: non male per un "semplice" thriller di rapimento.

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