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4/10

La Verità Nascosta regia di Andres Baiz

Thriller
recensione di Alessandro Giovannini

Adrián (Quim Gutiérrez) si è appena trasferito a Bogotà con sua moglie Belén (Clara Lago), dopo essere stato nominato nuovo direttore dell'Orchestra Filarmonica. Stabilitisi in una villa di campagna di proprietà di una ricca signora tedesca, la coppia vive felicemente il periodo di successo dell'uomo, finché il rapporto inizia ad incrinarsi per alcune comportamenti di lui, che scatenano la gelosia della moglie. Tornato a casa una sera, Adrián trova un video-messaggio della consorte che gli annuncia di essersene andata. Smaltita la tristezza, Adrián si consola con un'avvenente barista, Fabiana (Martina García), ma nella casa si avvertono inquietanti presenze...

Il regista Baiz è ricorso a stratagemmi noti del cinema di genere per confezionare il suo thriller sentimentale: il mistero della donna scomparsa dà un'impronta hitchcockiana all'avvio della storia, in seguito la gestione dei tempi e della suspense si rifà ai canoni dell'horror, con risultati inferiori. Il mistero viene svelato poco oltre la metà film, andando poi a ritroso per spiegare i fatti misteriosi alla luce della nuova rivelazione (questo stratagemma serve più che altro ad allungare la pellicola, scarna di materiale narrativo).

La recitazione è un po' scarsa, specie per quanto riguarda il protagonista maschile, che mantiene uno sguardo truce per tutto il film anche quando non ce ne sarebbe proprio bisogno. Le due attrici invece se la cavano meglio, sebbene non aiutate dai personaggi che interpretano, troppo poco approfonditi. Se la commistione tra thriller e film sentimentale è interessante, la sceneggiatura è spesso involontariamente ridicola, e ciò abbassa il coinvolgimento. L'intenzione del regista era analizzare il funzionamento della psiche femminile, specie in rapporto a concetti come gelosia, tradimento e vendetta. Il problema è che il regista è uomo, cosicchè il tentativo sia fallimentare alla radice, perchè dipinge il direttore d'orchestra come una macchina del sesso poco interessato alla musica (avrebbe potuto svolgere qualsiasi altro lavoro), e le due donne come persone totalmente assoggettate al maschio con cui sono bramose di accoppiarsi, quasi esso rappresentasse la loro unica ragione di vita.

C'è insomma una rappresentazione animalesca (e per nulla psicologica) dei rapporti uomo-donna che entra in contraddizione con quello che sembra l'intento registico iniziale.

Tecnicamente va meglio: le scenografie e la fotografia rappresentano i pregi maggiori del film, mentre la colonna sonora di Federico Jusid a volte è eccessivamente invasiva (75 minuti di musica su 95 minuti di film!).

Purtroppo le carenze di scrittura (fra cui si può annoverare anche la scipitezza di molte linee di dialogo) ed il concept incerto rendono zoppo un film che avrebbe avuto le carte in regola per camminare retto sulla “schiena” di un'accattivante idea di base.

Peccato.

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