Sucker Punch regia di Zack Snyder
Azione1955, Vermont USA. Una giovane bionda e minuta viene rinchiusa dal patrigno in un manicomio. Li diventerà Babydoll, sexy ballerina con una gran immaginazione e un unico obiettivo: ritrovare a tutti i costi la libertà perduta prima che il suo ‘tempo’ finisca. Dal regista di 300 e Watchmen, un film d’azione tutto al femminile.
1955. Una giovane viene internata dal patrigno nella ‘Lennox House for Mentally Insane’: è una ragazza instabile con grossi problemi di socialità, o almeno è così che l’uomo la descrive nella scheda di accettazione. La notte prima ha accidentalmente ucciso la sorella mentre cercava di difenderla dalle molestie del genitore acquisito, l’unico rimasto dopo la scomparsa della madre. È l’inizio di un incubo per Baby Doll, del suo conto alla rovescia prima che il Giocatore arrivi e la spenga per sempre. -5 giorni a quella lobotomia non autorizzata, una delle tante per cui Blue Jones, pazzo inserviente del manicomio, firma documenti tenendo allo scuro la dottoressa Vera Gorsky. Soldi in cambio di silenzio, non importa se a farne le spese sono le connessioni neuronali della corteccia prefrontale di un’innocente.
Stupendo e maestoso intro per il rallentato universo visionario di Zack Snyder, 1000 fotogrammi al secondo di puro fantasy, altro che il molesto slow motion dell’ultimo Von Trier. Nel linguaggio dei combattimenti, il sucker punch è un colpo improvviso, sferrato senza preavviso, alle spalle o a distanza ravvicinata. Nel pugilato è illegale, nello street fighting è una tecnica utilizzata per intimorire l’avversario.
Un sucker punch è quello che il destino sferra a Baby Doll, un inaspettato colpo da ko per un’esistenza già difficile. Poi resta solo la fuga, prima mentale poi (forse) reale, come necessario percorso di redenzione. Per liberarsi dalla prigione fisica, la sua immaginazione si crea una nuova realtà in cui vivere/perdersi, livello di passaggio per un mondo fantasy all’ennesima potenza dove la bionda eroina lotterà con tutte le forze per raggiungere il suo scopo. L’illuminazione che la guiderà arriva dal wiseman Scott Glenn: una mappa, una chiave, il fuoco, un coltello e un quinto misterioso ‘oggetto’, cinque elementi per la pace dei sensi, qualsiasi cosa possa essere veramente.
Dagli spartani di 300 alle cinque danzatrici-guerriere, Baby Doll-Sweet Pea-Rocket-Blondie-Amber, la sostanza non cambia: la vita è dura lotta, impari, contro un nemico immenso e nettamente più forte a cui non tutti possono sopravvivere pur avendo tutte le armi che servono. Come ogni storia fantasy-onirica che si rispetti gli elementi del reale si combinano tra loro a crearne di nuovi, si narrativizzano per diventare funzionali a chi racconta/crea una nuova realtà in cui credere. Un film visivamente potentissimo, cupe atmosfere dark-apocalittiche arricchite dalle scenografie di Rick Carter (una vita con Spielberg, poi l’Oscar 2010 per Avatar).
Chi c’è al centro della storia, chi tira le fila di tutto? Zack Snyder, nel bene e nel male, con il suo action-movie tutto al femminile da un’idea/sceneggiatura originale (non mutuata da fumetti et similia). Se L’alba dei morti viventi era un compitino ben fatto, 300 ha fatto storia, creando stilemi e rendendo cinema un linguaggio commercial-clipparo. Watchman un quasi capolavoro in cui scene meravigliose (tra tutte i titoli di testa su the times they are a-changin di Dylan e la ‘nascita’ del dott. Manhattan) si alternano a cadute narrative figlie di un’eccessiva fedeltà al fumetto di Moore/Gibbons e di una sceneggiatura dai ritmi poco cinematografici.
Sucker Punch non è la sua opera migliore, ma è potente intrattenimento filmico dal primo all’ultimo slow motion. E forse è il miglior biglietto da visita prima del film che potrebbe consacrarlo o affondarlo. Superman – Man of Steel. Probabilmente quel geniaccio di Nolan non poteva scegliere meglio (Aronofsky sarebbe stato troppo estremo), considerato il progetto. Issato sulle sue spalle produttive, Snyder avrà la possibilità di migliorare pecche di scrittura-ma-non-solo che a tratti i suoi film dimostrano. Time will see.
Ottimo cast con una sublime Carla Gugino/Vera Gorsky, ottima maitresse-dottoressa, e una Emily Browning, giovane di talento capace di una gran recitazione sensual-fisica nonostante il corpo minuto. Peccato invece per il ruolo un po’ sacrificato di Jon ‘Don Draper’ Hamm, merita sicuramente di più. Non è questione di purismo della lingua, ma il doppiaggio della protagonista e di un altro paio di personaggi a tratti diventa ingiustamente odioso..quella vocetta insopportabil-acuta non ci stava proprio.
Alla fine l’importante è ricordarsi che ‘If you don't stand for something, you'll fall for anything’.
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