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6/10

Deepwater - Inferno sull'Oceano regia di Peter Berg

Azione
recensione di Claudia

Basato su una storia vera: 2010, una piattaforma pietrolifera statunitense di soli 9 anni esplode a largo delle acque di Panama, rovesciando litri e litri di petrolio nel golfo messicano e causando il più grande disastro ambientale nella storia Americana :se dei più di 100 lavoratori a bordo ne perirono solo 11 è anche merito del coraggio mostrato da alcuni di loro.

Peter Berg -il regista- a metà anni 90 era solo un attore belloccio di belle speranze nel più noto in patria che all'estero serial Chicago Hope (il primo “E.R.” , per capirsi); ma a distanza di vent'anni è diventato uno dei più eclettici tra i registi e produttori statunitensi, arrivando a mixarre persino  cinema d'azione, fantascienza e storia d'amore per Hancock (più di 300 milioni di incasso), o storia per teen-ager, film sportivo e dramma provinciale per Friday Night Lights.

Con Deepwater mischia e pesca ancora le carte -sembrerebbe un po' a casaccio- e ci presenta il classico film d'azione (con tanto di presenza di Kurt Russell  tanto per levare ogni dubbio sull'esito e le ragioni della pellicola) unito alla storia vera, quella del'esplosione realmente accaduta della deepwater horizon, con sottofondo di interesse ambientalistico, nonostante Mark Whalberg (anche produttore) avesse "giurato" che non avrebbe lavorato mai più nulla con tematica ambientalistica dopo The Happening (noto il suo "Fuck the trees,men! fuck the plants! Fuck it!" detto durante un'intervista, figlio dei dati men che entusiasmanti sulle vendite pellicola appena arrivati).

Quello che manca al film, in maniera totale, per non essere affossato sotto gli zampilli del fuoco e dalle esplosioni e dalle urla di guerra che prendono una buona mezz'ora incasinatissima all'inizio film, è un minimo di sobrietà: Deepwater, pur nella sua piacevolezza, è un continuo passare da una scena madre all'altra, il che ricorda alla lontana quella scena de Il bruto e la bella di Minnelli in cui Kirk Douglas chiede al regista proprio un film fatto solo di scene madri una dopo l'altra e il regista semplicemente si rifiuta sotto lo sguardo stupito del produttore che pensava di avere avuto una bella idea.

Schematizzando si può dire che il “madrismo” viaggia anche su diversi binari ,d'altronde la sceneggiatura è di Michael Carnhahan, un vero esperto del genere: uno iniziale che ci racconta dei lavoratori sulla piattaforma pennellandoli come dei veri uomini devoti, ligi, eroici che si sacrificano per la piattaforma neanche rappresentasse un vero e proprio ideale e mettendo in pericolo non solo la loro vita -anche se all'inizio, non si capisce bene come- ma anche la loro famiglia, ovviamente unitissima.

un secondo che rappresenta appunto tutta la fase dell'esplosione e come gli uomini (2) cerchino di salvare tutti (120!)  allenati e capaci e forzuti e impavidi di fronte a fiamme fuoco e petrolio ed anzi, quasi non vedenti l'ora di trovarsi in una situazione del genere e mostrare il loro valore.

Nel terzo, forse per appianare i conti (non sia mai che si pensi che gli aiuti dallo stato americano siano arrivati troppo tardi) funerali in pompa magna per tutti i deceduti con sfoggio di bandiere marcette e spari nel vuoto.

Nel biennio 2011 2012 ci fu un fiorire di bellissimi film basati su fatti ver , più o meno drammatici. A soli 4 anni di distanza si sta piano piano tentando di ritornare nel campo, con l'aggiunta di modifiche che definiremmo “libertà poetica” per un combo vero-falso che può piacere o no, ma che difficilmente fa volare alto.

Costato 150 milioni, ad oggi ne ha recuperati 80.Fuck the oil pollution?

 

 

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