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R Recensione

6/10

White God regia di Kornel Mundruczo

Azione
recensione di Gianluca Bonanno

In base alle nuove disposizioni governative, per il possesso dei cani di razza mista in Ungheria si deve pagare una tassa. Per evitare il pagamento, le famiglie di Budapest cominciano a liberarsi dei loro cani di razza mista e lo stesso destino sembra toccare anche ad Hagen, il cane di una dodicenne di nome Lili. Figlia di genitori divorziati, Lili viene mandata a vivere per un periodo dalla madre e ad occuparsi dello "smaltimento" del cane è il padre.

White God, come Au Hasard Balthazar, è un film che prova a fare a meno degli umani, oppure che sfrutta lo sguardo animale per descrivere a mò di parabola la condizione umana, esistenziale o socialpolitica che sia, assoluta o contestuale. Il punto di partenza, il meccanismo che distacca Lili dal suo cane Hagen è una misura discriminatoria, paradossale se estrusa dalla meccanica della trama. I cani bastardi sono tassati. Le famiglie se ne liberano, non sono disposte a pagare una tassa per un animale, una misura statale costringe a fare i conti priorità ed affetti. Da questo momento Hagen e Lili si dividono per una città, Budapest, nè a misura d'uomo nè di animale. Sono queste le sequenze che rimangono impresse di questa pellicola ungherese, quelle che fanno interamente affidamento ad un eroe davvero diverso, biologicamente, etologicamente e socialmente. L'interesse principale certo rimane quello di conoscere le dinamiche del set, o le riflessioni su quelle che possono essere le conseguenze filosofiche di un film che intende strutturarsi interamente alle categorie psicofisiche canine. Di certo sono divagazioni, ma rimangono i punti di maggior interesse di una pellicola altrimenti ingenua e di difficile attualizzazione morale nella realtà. Vincitore dell' Un Certain Regard a Cannes 2014.

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