R Recensione

4/10

Killer Elite regia di GARY McKENDRY

Azione
recensione di Alessandro M. Naboni

Dopo una missione finita male, Danny, stanco di essere un mercenario di morte in giro per il mondo, decide di ritirarsi in un paradiso australiano. Una telefonata lo costringerà back-to-action per salvare quello fu il suo mentore, una missione che soltanto lui può portare a termine. Dall’Oman all’Australia, da Parigi a Londra un film d’azione tratto dal romanzo The Feather Men di Ranulph Fiennes che racconta i segreti della SAS (Servizi Aerei Speciali Britannici) e i fantasmi di una tra le guerre più controverse nella storia della Gran Bretagna.

Siamo negli anni ’80, non quelli della brillantina da febbre del sabato sera, del trucco fluo, delle chiome cotonate alla Melanie Griffith, dei fuseaux o della disco music. Siamo negli anni ’80 di chi è rimasto bloccato a un decennio prima in un deserto dell’Oman a compiere missioni coperte dal segreto di stato, dicitura tanto universale quanto ipocrita per nascondere azioni al-limite-e-forse-oltre la legalità. I soliti giochi dei poteri ombra che non sono soltanto un privilegio riservato all’italietta di insabbiamenti, misteri, false piste, capri espiatori, gente che sa e che si porta i segreti nella tomba.

Sir Ranulph Fiennes non è uno di quelli, ma sa cose che pochi conoscono. Nato sul finire del secondo conflitto mondiale divenne il più giovane capitano dell’esercito di sua Maestà, i SAS (Servizi Aerei Speciali Britannici). In seguito entrò a far parte delle forze armate del sultano dell’Oman fino al 1971 anno in cui il paese sotto la guida del giovane Qabus bin Sai Al Said si affrancò dalla dominazione britannica. Un curriculum di servizio da Guinnes, in cui effettivamente Sir Fiennes entrò come ‘il più grande esploratore del mondo vivente’. Nel 1991 scrisse The Feather Men, una storia vera che fece scalpore perché andava a svelare un po’ di quel sottobosco dietro-sopra-sotto-di-lato al potere. Accuse, smentite, dichiarazioni vaghe per difendere l’integrità di un corpo militare, uomini che fissano capre. Chiaramente la sola parola di un baronetto pluri-decorato non poteva bastare a certificare la veridicità dei fatti raccontati e, come ogni buon mistero che deve rimanere tale, ogni possibilità di verifica è occultata dal segreto di stato. Di sicuro quel minimo assaggio di una realtà soltanto immaginata è sufficientemente intrigante da conferirgli credibilità morale, laddove non se ne può provare quella storica.

Ma chi sono costoro che si celano sotto un nome tanto evocativo? Gli uomini piuma (feather men) sono un gruppo segreto di ex-soldati e ufficiali dei SAS, paladini con troppe macchie e la mission di aiutare/proteggere ex-colleghi o attuali membri dei Servizi Aerei Segreti. La giusta dose d’intrighi e sottotrame di uno stato parallelo che non saranno avanguardia pura, ma che sanno risvegliare un certo istinto indagatore. Peccato che dietro alle belle parole del regista Gary McKendry ci siano i consueti/pomposi bla bla bla per dare uno spessore a un film di puro action come tanti altri al limite del B movie. Una missione in Medio Oriente che finisce male, il ritiro in un paradiso sperduto dell’Australia dove costruirsi con le proprie mani una casa e trovare l’amore come ogni ex-killer di professione vorrebbe fare, almeno al cinema. Poi l’immancabile telefonata per un’ultima missione di salvataggio che solo il protagonista può portare a termine. I fantasmi del passato che tornano dal deserto dell’Oman a chiedere vendetta e omicidi che sembrino morti accidentali.

Non conoscendo quali fossero i veri presupposti, l’unica possibilità è giudicare il risultato: quasi due ore né carne né pesce che non sanno divertire e appassionare come un film adrenalinico dovrebbe, né dare veri spunti per approfondire una storia potenzialmente interessante. Ben vengano allora i mercenari-all-star di Stallone (con uno strepitoso secondo episodio in uscita-ahimè-suicida nell’agosto italico di sale deserte) che non nascondono di essere quello che sono e per questo vincono sull’inutilità di mediocri pellicole pretenziose. Nel film del nordirlandese McKendry quello che manca è soprattutto la scelta di un indirizzo preciso, la strada da seguire. Dando per scontata la qualità tecnica in una produzione hollywoodiana, tutto il resto fa acqua: da personaggi con un arco narrativo-evolutivo risibile e una psicologia inesistente, a una sceneggiatura che vira completamente sull’action (a proposito, notevole la scena di combattimento ospedaliero tra Clive Owen e Statham) dimenticandosi ogni possibile elemento thrilling e di suspense. Robert De Niro continua imperterrito a farsi/ci del male, ma ormai non è più una novità. Statham si ritrova invece inguaiato in un ruolo non completamente suo: come insegnano Ritchie e la coppia Neveldine&Taylor, il buon Jason dà il meglio di se in ruoli dove può non prendersi troppo sul serio.

Lontanissimi da I giorni del Condor, dallo 007 di Daniel Craig o dal capolavoro della serie Bourne, ci si rammarica (poco) per un’occasione dissipata in un action disinnescato, leggero come una piuma e utile come un paio di occhiali da sole di notte per un non-hipster.

Realtà e finzione, realtà che supera qualsiasi finzione e di parecchio, però non da queste parti.

V Voti

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alexmn 4/10

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