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7/10

Hunger Games: la Ragazza di Fuoco regia di Francis Lawrence

Azione
recensione di Alessandro M. Naboni

Katniss Everdeen e Peeta Mellark tornano a casa dopo aver trionfato nella 74esima edizione degli Hunger Games, un'anomalia in un sistema che prevede soltanto un vincitore. La vittoria porta con sè oneri e onori e cambia completamente la vita dei due giovani ragazzi costretti a perpetuare quel gioco relazionale che gli ha permesso di sopravvivere. Durante il Victory Tour attraverso Panem, Katniss inizierà a percepire quanto sia diffusa l'inquietudine, la povertà e la volontà di ribellione che aveva vissuto nel suo distretto; scoprirà anche di essere diventata un simbolo di libertà per un popolo oppresso alla vigilia dei Quarter Quell, l'edizione celebrativa degli Hunger Games che cambierà per sempre le sorti della nazione.

"Cerco in tutte le canzoni e in un passero sul ramo uno spunto per la rivoluzione."

Lo cantava Rino Gaetano in Cerco, pezzo nel lato B dell’album Nuntereggae più scritto a cavallo tra gli anni di piombo e gli anni di fango. Quel passero sul ramo per Katniss Everdeen è la Mockingjay, la Ghiandaia Imitatrice, simbolo di un sommesso canto di rivolta incubato per anni dagli abitanti di Panem schiacciati da un regime totalitario dove il lusso e la serenità di pochi determina la miseria di tanti; quando la forbice ricchi-poveri si allarga troppo, la base della piramide che giustifica la magnificenza della sommità viene a mancare facendo crollare tutto, perché di fatto non potrebbero esistere le mutande di CR7 senza gli scalcagnati che corrono sui campi in terra battuta di una qualsiasi provincia del globo calcistico. Ne vedremo le conseguenze tra un anno.

Di sicuro, ora, se fossi una quattordicenne vorrei essere Katniss e ispirarmi a quell’immaginario che si lega imprescindibilmente alla fisicità e al talento di Jennifer Lawrence, una delle poche vere dive dello star system americano. Indipendente, cazzuta, carismatica, determinata, scontrosa-e-ribelle-quanto-basta e si, anche attraente; al tempo stesso un’utopia, una falla nel sistema-stato che il potere vorrebbe utilizzare a proprio vantaggio per tenere buono il popolo con una che empatizza con loro e non li guarda dall’alto in bassa, una vincente-con-sentimenti-umani. Un fuori tema ardito vedrebbe un richiamo al recente avvicendamento al soglio pontificio.

Katniss/Jennifer diventa un modello nella realtà e nella finzione, da aspettare in coda-e-al-freddo per un autografo, da imitare nei capelli-caa-treccia o da acclamare come (un) leader rivoluzionario. Lo è anche in virtù del suo rifiutarsi di esserlo, un’eroina perfetta perché disinteressata e lontana dalle logiche di potere. Per questo vorrei essere come lei, se fossi una ragazza – chiusura necessaria dell’adynaton. Il sottile gioco del Presidente Snow cade perché Katniss non è un testimonial rassegnato, quanto un fungo-atomico-steriminatore-figlio-di-puttana caricato dai sensi di colpa per gli orrori della prima edizione degli Hunger Games e dalle difficoltà di una vita borderline senza alcuna possibilità di redenzione. La messinscena dura poco, l’insofferenza della giovane è difficile da contenere, il malcontento del popolo oppresso pure, le contraddizioni troppe per non forzare il potere verso la soluzione drastica. I 75esimi giochi, come ogni venticinque anni, celebreranno l’anniversario della vittoria di Capitol City sui distretti: il Quarter Quell è un’edizione particolare che prevede un cambiamento delle regole al fine di rendere il tutto più spettacolare e avvincente per quel pubblico-voyeur-estremo alla ricerca di forti emozioni catodiche. Un twist atteso e regolato dalle istruzioni definite quando vennero istituiti gli Hunger Games. Qui la mano invisibile di Snow interviene per sparigliare le carte e riprendere in mano il controllo dello show perverso e così la nuova edizione vedrà scontrarsi i vincitori degli anni precedenti, una Champions League della morte. Da una parte i fasti per le celebrazioni dei Quarter Quell, dall’altra i distretti oppressi di Panem covano spirito rivoluzionario e preparano il ribaltamento violento dell’ordine costituito. Sulle barricate come i miserabili di Hugo.

Cambiano gli sceneggiatori, Billy Ray e l’autrice Suzanne Collins vengono sostituiti dagli indie Simon Beaufoy (The Millionaire, Full Monty e 127 ore) e Micheal Arndt (Little Miss Sunshine e Toy Story 3). Interessante la prima parte in cui si raccontano i dietro le quinte del Victory Tour: le irrequietudini di Katniss e l’accondiscendenza di Peeta, i sorrisi forzati e i discorsi difficili da pronunciare, la repressione violenta e le braccia tese in segno di libertà; l’intensità della narrazione cresce con l’aumentare degli atti di ribellione e il conseguente inasprirsi della caccia alle streghe operata dai Pacificatori, una parte della storia che avrebbe meritato maggiore approfondimento. Gli sviluppi narrativi della seconda parte, prevedibili-e-non come una gravidanza inattesa e funzionali a costruire la suspense per l’ultimo capitolo della saga, conducono a un finale necessariamente sospeso: alla Collins e a Danny Strong, sceneggiatore in odore di nomination agli Oscar 2014 per il melodrammone The Butler, toccherà l’arduo compito di rendere spettacolare Il canto della rivolta. Lì si dovrà fare casino sul serio per non rendere vano quanto di buono costruito finora. Che possa avere ragione il leonino Juan Miranda a dire che le rivoluzioni sono fatte da gente furba che legge-libri-mangia-e-parla e incita chi non sa leggere a morire per un cambiamento gattopardiano questo è un altro discorso.

Francis Lawrence s’inserisce con continuità nell’ottimo lavoro di Gary Ross senza stravolgere quello stile poco-da-blockbuster del primo capitolo, non estremizza i toni cupi-e-gore e riesce a dare il meglio di sé sia nel racconto – penalizzato in montaggio – degli Hunger Games sia nella scena cardine della fustigazione, vertice della tensione-iceberg tra il popolo dei distretti e il governo di Capital City. Un compitino ben realizzato, lo si attende al varco per i prossimi due film della saga. Vorrei essere Katniss soprattutto perché Jennifer Lawrence è un’attrice meravigliosa, un talento naturale cui basta un’espressione del viso per surclassare chiunque in scena, al punto che per un attimo ho pensato che quel bacio fosse vero. Il successo di Hunger Games è soprattutto suo e del potenziale mitopoietico della donna che ha saputo creare. Soltanto l’angelo custode Woody Harrelson, il mefistofelico Donald Sutherland e il sibillino Philip Seymour Hoffman nel ruolo di capo Stratega che fu del suicida Wes Bentley/Seneca Crane riescono a tenergli il passo. Menzione a parte per un Lenny Kravitz sempre stiloso e incisivo pur nella brevità della sua parte, a long and sad goodbye.

Non è più tempo di giochi per distrarre la gente dalla realtà delle cose. Ormai il re è nudo e nessuno può far niente per nasconderlo.

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 6 voti.
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alexmn 7/10
Upuaut 8/10
K.O.P. 8/10

C Commenti

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tramblogy alle 9:09 del primo novembre 2014 ha scritto:

Soporifero

alexmn, autore, (ha votato 7 questo film) alle 12:15 del primo novembre 2014 ha scritto:

mi mancava il tuo essere così ermetico e tranchant

scherzi a parte, son curioso di sapere perchè ti è sembrato soporifero.

tramblogy alle 12:44 del primo novembre 2014 ha scritto:

si, certo , ti mancava....non riesco a rispondere a questa domanda (lo so, quando le fate, siete un filo faziosi, perchè la risposta richiederebbe quella prova che dimostrerebbe che chi non ha argomenti non ne capisce, non ne è capace, non può confrontarsi tecnicamente e nemmeno storicamente); non so, proprio perchè l' ho trovato soporifero, che non ricordo nemmeno la trama, uno di quei film che non vedi l 'ora che finisca (ero così al cinema), questo ricordo, noioso?deja-vu con l 'altro giapponese?sono solo sentimenti personali (quasi)...mio parere, è più facile mettere giù tre parole in più quando piace (senza sostituirsi al recensore, non sia mai), ma è anche più facile quando il recensore scrive e mette voti non proprio con abilità (ved. sospetto-luci d'inverno). (rigorosamente imo). sono stato sufficientemente inadeguato?

alexmn, autore, (ha votato 7 questo film) alle 13:06 del primo novembre 2014 ha scritto:

ma perchè pensi che ti voglia trarre in inganno. non volevo assolutamente farlo..e tra l'altro non stavo scherzando nè volevo essere fazioso quando ti ho scritto che mi mancavano i tuoi commenti. aldilà del fatto che non siamo sempre d'accordo - e per fortuna che è così che altrimenti sarebbe tutto noioso - devo dire che è capitato più volte di fare cine-discussioni interessanti. la mia era solo una curiosità che la tua risposta ha soddisfatto pienamente. peraltro capisco benissimo il tuo giudizio 'di pancia' perchè, oltre a essere forse l'unica modalità sincera per dire la propria su un film, è lo stesso 'metro' che utilizzo io.

alexmn, autore, (ha votato 7 questo film) alle 13:07 del primo novembre 2014 ha scritto:

(scusami per la sintassi contorta ma ho un picchio che mi martella in testa da stamattina )

tramblogy alle 12:51 del primo novembre 2014 ha scritto:

ma io a questo ci do un 6 come voto, non uno 0, ma è quanto se ne parli, e le continuazioni che mi fanno andare in bestia....non riesco a comprendere....

tramblogy alle 12:52 del primo novembre 2014 ha scritto:

ah sei tu l 'autore....ecco che si spiega la domanda.

alexmn, autore, (ha votato 7 questo film) alle 13:02 del primo novembre 2014 ha scritto:

no, sei fuori strada. non l'ho fatta perchè l'ho scritta io (pensa che non me lo ricordavo nemmeno), ma perchè non l'avevo trovato per nulla soporifero. ci son svariati difetti, ma il ritmo non era tra quelli, per me. tutto qui

tramblogy alle 13:43 del primo novembre 2014 ha scritto:

guarda che ti rispondo a logica, senza punzecchiare....sei l 'autore, mi pare ovvia la domanda...tutto qui.

alexmn, autore, (ha votato 7 questo film) alle 14:24 del primo novembre 2014 ha scritto:

non scrivevo da 'autore', ma da spettatore che l'aveva trovato avvincente, pur non essendo una trama da avanguardia pura