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7/10

Johnny Guitar regia di Nicholas Ray

Western
recensione di Gloria Paparella

Arizona: Vienna, proprietaria di un saloon, è malvista dagli abitanti del paese perché dà ospitalità a una banda di fuorilegge. Si fa dunque aiutare da Johnny, pistolero-chitarrista e suo ex amante, per tener testa agli accusatori e alla sua acerrima nemica Emma.

Giudicato troppo eccentrico ed eccessivo quando uscì nel 1954, Johnny Guitar può essere considerato oggi un film cult, un capolavoro di lirismo barocco e di graffiante parodia sul maccartismo che colpì Hollywood dagli anni Quaranta fino alla metà del decennio successivo.

Il titolo è riferito al pistolero-chitarrista della storia, ma in realtà la pellicola ruota attorno al personaggio di Vienna, interpretata da una grandissima e affascinante Joan Crawford: ella è la proprietaria di un bar-casa da gioco in Arizona ed è accusata di dare ospitalità alla banda di criminali capeggiata da Dancin’ Kid (Scott Brady). È soprattutto Emma (Mercedes McCambridge), innamorata del bandito che però ha attenzioni solo per Vienna, a guidare quella che diventa una vera e propria “caccia” ai rapinatori e alla loro protettrice: sarà Johnny (Sterling Hayden) ad aiutare la donna e a riconquistarla dopo anni di separazione.

Il fascino del film scaturisce dalla netta opposizione delle forze in campo e dalla poetica esaltazione della libertà e dell’amore che, alla fine, vince su tutti. Le due vere protagoniste sono due donne dal carattere deciso, rivali sullo schermo ma anche fuori dal set: Vienna si è costruita la propria fortuna da sola (forte ed esemplificativa la frase: “Non mi vergogno di come ho fatto quello che ho. La cosa importante è che ce l’ho”), gestisce orgogliosamente il proprio saloon, ma non ha dimenticato il sentimento che la lega al suo ex amante Jonnhy; Emma, invece, è una donna aggressiva, così dominata dall’odio nei confronti della sua rivale che è da sempre amata dal rapinatore Dancin’ Kid da volere la morte di entrambi. Pur essendo ambientato nel West, il film è un melodramma dal sapore avvincente ma allo stesso tempo struggente, che espone un chiaro simbolismo sessuale nella coppia di antagoniste Crawford-McCambridge, la cui rivalità domina la pellicola fino alla resa dei conti finale.

Il regista Nicholas Ray, nonostante i limiti del budget produttivo, riesce ad attribuire una cifra stilistica al film con il pieno utilizzo del Tru-color, che definisce caratterialmente i personaggi e conferisce drammaticità in alcune scene (ad esempio quando Joan Crawford suona malinconica il piano vestita di bianco sullo sfondo rosso del locale) e con frequenti primi piani sui volti dei protagonisti. Sebbene non manchino inseguimenti e colpi di pistola tipici di un western, Johnny Guitar vive di una forte struttura romantica: Vienna e Johnny, pur afflitti dal passato, si ritrovano più uniti che mai in un momento di pericolo, e rappresentano il più chiaro esempio di tragedia sentimentale. Ad esaltare il tono melodrammatico del film, il bellissimo motivo scritto da Victo Young e cantato da Peggy Lee che incarna, con una voce calda e appassionata, lo spirito romantico dell’opera.

 

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