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R Recensione

7/10

Marie Antoinette regia di W. S. Van Dyke

Storico
recensione di Claudia Mastro

La storia rivisitata e edulcorata -quando non esagerata- di Maria Antonietta alla corte di Francia: l'ostracismo dei sudditi-e della corte, il difficile rapporto col marito, i figli che non arrivano, i balli, lo scandalo della collana ed una forte e estemporanea passione con il bellissimo e corteggiatissimo conte di Fersen -un giovanissimo Tyrone Power, come conte svedese- Tra i drammi tratti da veri episodi storici tanto in voga al'epoca sicuramente il meno tedioso, più pimpante ed ancora godibile, con un finale che tiene col fiato sospeso nonostante si sappia benissimo l'esito .

Collaborazione postuma tra Irving Thalberg -il maggior produttore della MGM, morto nel 1936 a 37 anni- e la moglie, l'attrice Norma Shearer, nel tentativo di bissare il successo ottenuto e mai replicato nonostante altri exploit di coppia (Romeo e Giulietta) da lei con La divorziata (1930, campione di incassi e oscar come migliore attrice alla Shearer), un tentativo riuscito solo in parte: anche qua il tema è, tra gli altri, il libertinismo di una donna (qua non divorziata ma che si comporta come lo fosse, con il beneplacito del marito, l'esordiente Robert Morley nel ruolo di Luigi sedicesimo). Siamo solo qualche anno dopo la fine del periodo "precode"- gli anni cinematografici tra il 28 e il 34 in cui le maglie della censura erano tra il larghissimo e l'inesistente e i temi dei film americani erano esclusivamente prostituzione, scalate al successo non lecite, alcol, bigamia, ladri come eroi, figli illeggitimi, adulterio, etc etc- e si vede: la sottintesa omosessualità del delfino di Francia è più che sottolineata -si illumina solo parlando del suo compagno fabbro- e la relazione della regina con il conte di Fersen è trattata in tutto e per tutto come il segreto di pulcinella (non solo il marito lo sa, ma si preoccupa di fargli sapere come stia il conte dopo una battaglia, aggiungendo "pensavo volessi saperlo"!), giù giù fino a un litigio -piuttosto fantasioso ma ben retto dal duetto di attrici- in cui la regina promette alla Dubarry che quando il re sarebbe morto lei "sarebbe tornata sulla strada", Tutte battute che, per quanto sembri un contro senso, sarebbero state impensabili solo qualche anno dopo. Norma Shearer interpreta la regina di Francia come fosse una trovatella al potere, ignorando del tutto il suo passato nobile: il suo stupore per lo stare a corte persiste fino alle ultimissime e ben ingegnate scene ed il suo piglio autoritario/simpatico rende possibili anche i continui cambi di carattere della sceneggiatura (scritta in 5, tra cui anche F.S.Fitzgerald e tratta da un libro di Stephen Zweig) e sopportabili i torti della regina, tant'è che la chiave scelta dalla produzione e dal regista (Maria Antonietta era solo una vittima, fu tutta colpa del cattivo Filippo d'Orleans, tra l'altro truccato come una maschera kabuki) riesce non solo credibile ma quasi veritiera, accettabile, da immettere nei libri di scuola, oltre che ovvia ispirazione per l'opera di Antonia Fraser alla base del Marie Antoinette di Sophia Coppola del 2006, pellicola con cui condivide più o meno la stessa anima, ma infinitamente più drammatica e meno divertente- anche perchè Shearer attrice drammatica non fu mai: aveva una vena materna che spiccava raggiante anche nei momenti in cui minaccia il marito di puntare al suo ruolo. Gustosissime le scene in cui Maria Antonietta gioca a carte e fa festa, memore della lezione di Jean Harlow e di Mae West, più che di altre attrici osannate della sua stessa scuderia. Fantastico quanto improbabile Tyrone Power giovanissimo come conte e generale svedese, ennesima riprova dell'enorme potere decisionale di Thalberg anche sul cast e anche da morto. Di media reperibilità, anche nella versione Italiana.

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