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5/10

Lettere Da Berlino regia di Vincent Perez

Biografico
recensione di Claudia Mastro

dal romanzo "Ognunno muore solo" di Fallada: una coppia di coiniugi saputo della morte del figlio in guerra inizia una silenziosa lotta contro il gioverno nazista (non ancora al suo zenith), che consiste nel lasciare cartoline contro il fuhrer in luoghi strategici. Storia vera

la resistenza al nazismo al cinema è spesso un investimento sicuro per i produttori, forse per questo vincent perez si è affidato ad un libro che primo levi considerava stupendo ("il più bello" anzi, sull'argomento) ma senza dimenticare ,forse, la sua vera ambizione, che doveva essere quella di fare un thriller.

Molte cose non tornano: una Berlino perennemente buia e stratificata (ci sarà stato il sole, anche se per un film di guerra fa molta più scena questa sorta di Gotham City tedesca, ma anche  in guerra non è che il meteo era virato su nuvoloni per un lustro), una Emma Thompson perennemente in pena che sembra aver letto la sceneggiatura anche come Anna e sapere già come va a finire, un Bruhl monocorde che al contrario sembra non aver letto neanche il soggetto ed essere preoccupatissimo dall'idea di essere incastrato nell'ennesimo ruolo daedesco cattivone da guerra; una storia che non conosce tregua ne deviazioni: ma persino "il falsario" (a cui somiglia non poco) aveva i suoi momenti di leggerezza (diciamo) e fare un film profondo non equivale a farne uno pesante. 

Basterebbero le prime scene per far capire che nulla di buono potrà mai accadere:  un postino recapita infatti una lettera e i nostri *già sanno* che si tratta del figlio morto. Ecco, il film è tutto qui. La mancanza di speranza, *a prescindere*: ovvio che fosse un sentire più che comune, all'epoca, ma spingere la "silenziosa" battaglia dei Quangel a quel punto non è il desiderio di cambiare le cose,  ma la disperazione pura, e chi è che vuole vedere un film intero  su cotanto sentimento? Inoltre l'assonanza lettera inziale/cartoline a seguire è un po "cheap".

Non prende un voto più basso solo  perché certe storie, anche se male, vanno raccontate.

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