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8/10

Man on the Moon regia di Milos Forman

Biografico
recensione di Alessandro Pascale

Il film narra la breve ed eccentrica vita di Andy Kaufman, attore comico americano. Proveniente dal cabaret, Kaufman conobbe il successo grazie all'incontro col produttore George Shapiro che lo fece debuttare in televisione nella sitcom Taxi.

Personaggio eccentrico e fuori da ogni schema, Kaufman era solito spiazzare il pubblico nei modi più diversi, improvvisando liti o risse sul palco o davanti alle telecamere, o dando vita a un bizzoso alter ego, l'irascibile cantante Tony Clifton. Coadiuvato dall'amico e co-autore Bob Zmuda, Kaufman stravolse il concetto di spettacolo arrivando a proporre esibizioni ai limiti del surrealismo.

 

Se Andy Kaufman era un genio (e, per inciso: lo era) Jim Carrey è la sua naturale evoluzione. Non stupisce quindi che qualcuno abbia congetturato (con un'ipotesi tanto suggestiva quanto strampalata) che i due siano la stessa persona, in seguito ai necessari “ritocchi” chirurgici.

Sebbene il soggetto e la sceneggiatura di Scott Alexander e Larry Karaszewski siano più che adeguati nel riproporre le gag più salienti e i momenti più geniali dell'artista, la scena è infatti tutta presa da Jim Carrey. L'istrionico attore canadese-americano conferma una capacità incredibile di recitazione, che lo rende probabilmente uno dei migliori attori (senz'altro tra i più sottovalutati) in circolazione nel ventennio '90-00s. Capace di passare in un attimo dal registro comico a quello drammatico con una intensità ed una naturalezza spaventosi, tanto da dare davvero l'impressione allo stesso spettatore per lunghi tratti della parte finale del film di uno scherzo sadico (quello del cancro) condotto fino all'ultimo. Per tutto l'opera Carrey-Kaufman passa tra i due registri con una semplicità disarmante spiazzando continuamente lo spettatore, che rimane spiazzato da un finale così tragico e commovente. Ottima in tal senso la scena conclusiva che alimenta il dubbio sulla possibilità che quello a cui si sta assistendo sia realtà (come peraltro in molti hanno congetturato per anni), finzione, ricordo o speranza.

Perfetta la regia di Milos Forman, mai sopra le righe ma come di consueto capace di mettere la propria mano al servizio del racconto, svolto in maniera essenziale, andando a soffermarsi sugli eventi più caratteristici e salienti della vita artistica di Kaufman: da Elvis Presley a Tony Clifton, dal wrestling “inter-genere” totalmente politically scorrect ai più o meno finti litigi in tv.

In ogni caso la voglia, sempre e comunque, di spiazzare, creare una situazione assurda, irriverente, divertente anche solo per una sola persona capace di sghignazzare alle spalle di tutto il mondo circostante. Da segnalare un cast assai ricco, che vede la presenza di Danny De Vito nel ruolo del produttore George Shapiro, di Paul Giamatti nei panni di Bob Zmuda (l'amico co-autore di Kaufman), di una Courtney Love incredibilmente lucida e sobria (senza sbavature, pur non essendo proprio trascendentale) e di numerosi personaggi famosi dello spettacolo nel ruolo di sé stessi (David Letterman, Jerry Lawler, Jim Ross). Fate attenzione anche all'inizio del film: da antologia dell'avanguardia i primissimi minuti. Ugualmente commovente la freschezza degli episodi di vita d'infanzia di Kaufman. Anche se alla fine rimane in mente solo Jim Carrey, premiato giustamente (anche se non era abbastanza) con il Golden Globe come miglior attore nel 2000.

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