R Recensione

6/10

Truth regia di James Vanderbilt

Biografico
recensione di Eva Cabras

Il leggendario anchorman televisivo Dan Rather e la giornalista di 60 Minutes Mary Mapes si trovano fianco a fianco nella realizzazione di un servizio investigativo sul passato militare di George W. Bush. Tra documenti di dubbia provenienza, testimoni reticenti e inchieste interne, il reportage costerà ai due carriera e reputazione, ma la ricerca della verità è tutt'altro che conclusa.

La giornalista Mary Mapes crede fermamente che giornalismo faccia rima con verità. Ancorata con fermezza alle radici del giornalismo d'inchiesta, la Mapes si è lanciata nella difficile impresa di indagare sul passato militare dell'allora presidente George W. Bush, oltretutto a ridosso delle elezioni che lo avrebbero visto per la seconda volta al timone degli Stati Uniti. Il muro di ostracismo politico e burocratico al quale si ritrova di fronte fa vacillare la sua fede nella verità, ma a sostenerla nella battaglia c'è Dan Rather, anchorman storico della CBS e paladino dell'informazione televisiva d'assalto. Dalla loro guerra contro l'omertà del sistema militare e governativo nasce "Truth and Duty: The Press, the President, and the Privilege of Power", il libro di Mary Mapes dalla quale è stato tratto il film diretto da James Vanderbilt.

Il potenziale di "Truth" come biopic giornalistico era sicuramente notevole, poiché aveva il giusto mix tra difficoltà personali, fame di verità e lotta ai big della politica corrotta. Il punto debole del film sta però esattamente nella sua essenza di perfetto prodotto americano. Tutto ciò che è messo in scena è puro cinema americano, ma purtroppo si tratta di quello esteticamente più stereotipato. Agli occhi europei una tale quantità di patriottismo artistico non passa certo inosservato e neanche le ottime interpretazioni di Cate Blanchett e Robert Redford riescono a indorare la pillola. La regia si impone fin dal primo fotogramma con il pugno d'acciaio, confermando in seguito l'iniziale impressione di rigidità e iper-classicismo. Non mancano i riferimenti visivi al sistema produttivo televisivo, per altro anche ampiamente criticato, ma ciò che emerge maggiormente sono gli stilemi prettamente cinematografici che dovrebbero conferire al film la gravità quasi epica di uno scontro tra Davide e Golia. Via libera quindi alla musica più altisonante e invadente che si possa immaginare, presente in ogni momento saliente della sceneggiatura e sempre a volume altissimo. Una menzione speciale va alle sequenze a rallentatore, tecnica che francamente pensavo esitinta, almeno quando utilizzata in senso classico, ovvero per creare pathos dove altrimenti ci sarebbe soltanto uno sbadiglio.

In sostanza, "Truth" dedica spazio e lodi a una pioniera della ribellione giornalistica, a una guerriera dell'informazione libera che ha perso il proprio sicuro posto di lavoro perché credeva in ciò che faceva nonostante tutto e tutti. Il problema è che parla di rivoluzione utilizzando il linguaggio filmico più reazionario possibile, minando le basi di una storia altrimenti coinvolgente di cospirazioni politiche e giornalismo come non se ne vede più. Il cast contribuisce comunque a fare del film un prodotto qualitativamente rilevante, ma che, a differenza di Rather e della Mapes, si rifiuta di sporcarsi le mani.

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