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R Recensione

10/10

Vedete, sono uno di voi regia di Ermanno Olmi

Biografico
recensione di Leda Mariani

Il film ripercorre le vicende personali di un vivo protagonista del nostro tempo: il Cardinale Carlo Maria Martini, che fu Arcivescovo di Milano dal 1979 al 2002. Accompagnati dalle sue parole, intessute di memorie visive, Ermanno Olmi - che è anche la voce narrante del film - e Marco Garzonio, massimo esperto della vita e delle opere di Martini, ripercorrono accadimenti e atti dell'uomo Carlo per conoscere e raccontare come questo importante rappresentante della Chiesa cattolica abbia speso i giorni della sua vita rigorosamente fedele alla sua vocazione e ai propri ideali.  «Primo fra tutti – sostengono gli autori - la Giustizia e dunque l’umanità consapevole che senza di essa, non può esistere libertà».  Attraversando eventi drammatici (il terrorismo degli anni di piombo, Tangentopoli, conflitti, corruzione,  crisi del lavoro, solitudini) Martini ha dato senso a smarrimenti ed inquietudini della gente, che in lui ha percepito l'autenticità della sua testimonianza e che lo ha riconosciuto  come punto di riferimento per credenti e non. Uno spirito profetico, un uomo anche “politico”, nel senso più filosofico e originario del termine, che sapeva interrogare e farsi interrogare dalla realtà storica, interpretandola alla luce del Vangelo. Un profeta di speranza, anticipatore della nuova rappresentanza cattolica e di futuri possibili atteggiamenti costruttivi, in tempi di assurde divisioni e di profonda paura ed intolleranza.

La democrazia spiegata attraverso gli occhi di un cristianesimo sincero.

Quest’ultimo lavoro di Olmi, presentato a Milano il 10 febbraio e proiettato la sera stessa in Duomo, in occasione dei 90 anni dalla nascita del Cardinale che guidò la Diocesi Ambrosiana, è un film d’una potenza straordinaria, emotivamente pregnante. L'adesione rispettosa nel riportare i testi scritti da Martini nella sceneggiatura della pellicola, si perde nel montaggio sequenziale che diventa invece espressione d’emotività, che è forse la via più vicina ai tanti ed esclusivi significati delle nostre comuni esistenze. Finalmente l’utilizzo del credito d’imposta previsto dalla legge ha dato vita ad un film profondamente utile e che non ha bisogno di riconoscimenti ufficiali, per palesarsi da subito come qualcosa di profondo interesse culturale. Semplice, chiaro e lineare a livello di sceneggiatura e di immagine, il film sintetizza nella visione estremamente lucida di Martini, quasi cento anni di analisi, osservazione e riflessione sulla nostra società. Sull’Europa, l’Italia, Milano e Roma in particolare, ma anche sulla Gerusalemme contemporanea e soprattutto sul concetto di Democrazia.

L’onestà intellettuale del Cardinale arriva dritta allo spettatore così come quella di Olmi e del coautore Garzonio. La figura di Martini ci mette di fronte alla verità dell’umiltà, alla funzione del pensiero e della speculazione intellettuale rispetto alla realtà: all’impatto che le idee hanno sulla società umana, cosa della quale spesso ci si dimentica. Olmi ha dichiarato che il film dovrebbe portare a chiederci, come pubblico, cosa facciamo per la nostra società: per la democrazia, per la chiesa e per il popolo in generale. È un film che parla del pensiero: di come si sviluppa, della sua importanza, e che allo stesso tempo mette in moto le menti degli spettatori.  Nella consapevolezza di Martini che tutte le verità contengono qualcosa che le rende simili, questa pellicola oltre a colpire e commuovere, facendoci ripercorre le nostre vicende, sia personali che sociali e dunque politiche, ci invita a porci in ascolto e dunque ad indagare: su noi stessi, sulla nostra esistenza, e sulla direzione che stiamo prendendo come umanità.

Un film profondamente esistenziale dunque: nella forma come nei contenuti, in perfetta armonia, che nasce da un sapiente intreccio tra materiali d’archivio e testi originali, e dalla voce onesta del regista, che rende l’Arcivescovo vivo e vicino in maniera disarmante, facendolo parlare direttamente con lo spettatore e in qualche maniera incarnandolo. Davanti all’esempio lampante del modo di relazionarsi alla gente, alla società e alla religione di Carlo Maria Martini, appare da subito evidente come gli uomini “di cultura” di oggi parlino di essa senza avere la “cultura della lettura della cultura”e come non sappiano dunque interpretare realtà, natura e spiritualità.

L’eredità spirituale e politica di Martini è qualcosa di profondamente vero e che viviamo tutti i giorni, che si riverbera nei cambiamenti che la Chiesa odierna sta finalmente facendo, primo fra tutti il modello di Papa Francesco. Il messaggio è chiaro: basta fare silenzio! Bisogna ammettere e rivelare ciò che si sente, quello che si pensa. Occorre fare democrazia attiva, creando prospettive per il futuro dei popoli.

L’idea del fluire poetico e politico del film nasce da “Morte di un uomo”, di Marco Garzonio, testimonianza raccolta dallo scrittore al capezzale di un Martini morente. <<Sono convinto che Martini sia stato uomo della stessa pasta di alcuni grandi padri della Chiesa e di mistici che hanno assicurato alla Cristianità la presenza continua del fuoco dello Spirito>>, ha dichiarato l’importante editorialista del Corriere della Sera. E nel lavoro di Ermanno ha cercato di testimoniare quanto come uomo ha potuto cogliere del viaggio interiore percorso dal Cardinale in tutta la sua vita, con coerenza e naturalezza. << Quanto più investi nell’umanità, tanto più riesci ad intravedere scintille di eterno, di infinito, di assoluto, in gesti, voci e sentimenti umani. La separazione tra i due universi è figlia degli sforzi che facciamo per razionalizzare ogni cosa, credendo di riuscire così a tenere tutto sotto controllo, a placare le insicurezze e a trarre vantaggio dalle proiezioni che riversiamo sugli altri, cercando di alleggerire le nostre responsabilità>>. E proprio di responsabilità: civile, sociale, religiosa, parla questo film, così come l’intera vita che Martini ha dedicato allo studio delle culture e della loro possibilità di entrare in comunicazione viva.

Il 31 agosto 2012 all’Alosianum di Gallarate moriva l’Arcivescovo e dalla stanza al 3° piano della residenza dei Gesuiti prendeva avvio il film, per ricordare, commemorare ed analizzare, l’immensa eredità che Martini ha lasciato a Milano, alla Chiesa, al Paese e forse al Mondo intero.

Del Cardinale, attraverso le sue toccanti parole, scopriremo tutto, dal suo legame con Agostino Bea, rettore del Pontificio Istituto Biblico, con quale cercò occasioni per rendere  i testi sacri il meno lontani possibile dalla realtà, e cominciando a chiedersi dove fossero i segni di un nuovo inizio anche per la Chiesa, fino alla sua apertura a relazioni proficue ed importantissime con confessioni cristiane non cattoliche, ebrei e musulmani (tutti discendenti del comune padre Abramo), o dell’oriente: esperienze in linea con la “libertà religiosa” che veniva sancita dal Concilio. Martini divenne rettore della Gregoriana, università fondata da Sant’Ignazio, poi umile Arcivescovo di Milano, con un approccio che sovente spiazzò l’intera città, ed istituì la Scuola della Parola in Duomo, richiamando l’attenzione di folle di giovani.  Seppe mettersi in ascolto e in dialogo con la sua gente. Ribadì l’importanza della Parola: <<il primato della Parola è una cosa molto seria e concreta; questione di vita o di morte nel sopravvivere quotidiano…Non figura astratta quindi, ma l’aiuto a cogliere il perché di ciò che ci sta accadendo>>.

Resteranno evidenti, di Martini, l’attenzione umana, la voglia di capire le persone, le situazioni, i problemi della società, per andare incontro, come ha fatto lui tra “anni di piombo”, Tangentopoli e tutte le vicende drammatiche della nostra nazione, alle pesti della violenza, della solitudine, e della corruzione. Il suo è l’invito, ottimamente trasmesso dal film,  a stimolare non soltanto la nostra buona volontà e il nostro impegno etico, ma anche ad attivare la creatività sociale e politica, sfruttando la capacità di immaginare e progettare nuovi e sani futuri.

Il Cardinale seppe dialogare con tutti: politici, intellettuali, gente comune, terroristi, rappresentanti di altre culture e religioni, ed è questo il suo più essenziale  e profondo messaggio,  l’invito al dialogo e alla comunicazione. Il cardinale intervenne nelle vicende del nostro quotidiano, distinguendo ad esempio eutanasia da accanimento terapeutico, nel caso di Welby; fu l’unico non ebreo a cui venne conferita nel 2006 la laurea honoris causa in Filosofia all’Università ebraica di Gerusalemme, dove scelse di vivere per diversi anni, e venne elogiato da Stephen Ollendorf, presidente del Centro per la comprensione interreligiosa.

Martini ci ha ricordato, ogni giorno della sua vita, che la responsabilità di conciliarci e di comprenderci a vicenda, resta esclusivamente nostra. Ultimi esempi di sguardi lucidi, che si perdono nel mare del pensiero e della comunicazione, fattisi purtroppo superficie delle cose.

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