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8/10

Unbroken regia di Angelina Jolie

Biografico
recensione di Gloria Paparella

Un dramma epico che racconta l'incredibile storia dell'atleta olimpionico ed eroe di guerra, Louis "Louie" Zamperini, che insieme ad altri due membri dell'equipaggio, è riuscito a sopravvivere su una zattera per 47 giorni, in seguito ad un disastroso incidente aereo durante la Seconda Guerra Mondiale, per poi essere catturato dalla Marina giapponese e spedito in un campo di prigionia.

Gloria Paparella (voto 9):

Quante vite ha vissuto Louis Zamperini, quante sfide ha dovuto affrontare, quante volte è stato abbattuto e si è rialzato. È incredibilmente vera la storia di questo personaggio, a cui Angelina Jolie ha voluto dedicare la sua seconda esperienza come regista: Zamperini (Jack O’Connell), atleta olimpionico e sopravvissuto alle torture in un campo di prigionia giapponese, è ritratto in maniera passionale dalla regista, che nel corso della narrazione sfrutta numerosi flashback per mostrare il passato del giovane italoamericano, che da piccolo delinquente si scopre un talento innato per la corsa e la velocità, sostenuto dal fratello maggiore Pete (Alex Russell): le sue parole di incoraggiamento “se resisti, puoi farcela” risuonano nei momenti più difficili di Louis. Come quando, dopo il naufragio dell’aereo militare, il protagonista sopravvive per quasi 50 giorni in mezzo all’oceano tra squali e bombardamenti nemici; oppure quando viene portato nel campo di prigionia giapponese e viene preso di mira dal generale Watanabe, subendo violenze di ogni genere.

La speranza e la voglia di lottare per la vita hanno salvato Zamperini, e tutto il film porta lo spettatore ad una riflessione profonda su quanto sia importante, non solo avere fede, ma saper perdonare il nemico: Angelina Jolie, basandosi sul romanzo del 2010 di Laura Hillenbrand, costruisce, con uno stile romanzato ma fedele alla storia personale dell’eroe, la parabola di sopravvivenza di quest’uomo, oltre a fornire una documentazione degli avvenimenti che hanno dato forma al secolo scorso. La storia di Zamperini è la storia di tutti: di chi riesce ad alzarsi ogni volta che viene abbattuto, diventando di conseguenza fonte di ispirazione per molti. La Jolie sembra, così, portare a compimento il percorso che Zamperini aveva iniziato, creando un film coinvolgente ed emozionante, che in certi momenti mette i brividi, omaggio ad una vita che, anche nei momenti di più atroce sofferenza, non si è mai spezzata.

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Fabio Secchi Frau (voto 6):

Girato con fermezza, il film ha scatenato pareri contrastanti nella critica cinematografica che ha sottolineato le buone intenzioni dell’attrice premio Oscar al suo debutto come regista, senza però tuttavia trovarne qualcosa di veramente unico e personale che sia ridefinibile come “stile”. Elemento che ogni buon regista dovrebbe avere, se non vuole che il suo nome passi per quello di un puro tecnico della cinepresa.

L’errore maggiore è anche quello di indulgere troppo in alcune scene, rallentando il ritmo e allungando una storia che manca di sintesi. Forse a causa di una sceneggiatura che, seppur firmata anche dai Coen, sembra essere a tratti stereotipata, prevedibile e languida. Quasi non sufficiente a dirci qualcosa di più sul personaggio, su ciò in cui crede, sul perché ci crede così fermamente.

Si potrebbe dividere la pellicola in tre parti: la parte dello Zamperini infantile e corridore olimpionico, largamente una delle più interessanti nella pellicola e, fra l’altro, troppo poco esplorata; la parte dello Zamperini soldato e naufrago, che rappresenta la centralità, il cuore del film, tesa e ben articolata, quasi impeccabile; e la parte dello Zamperini prigioniero di guerra, dove ci si lascia andare, forse eccessivamente per durata, a una descrizione di violenze giapponesi nei confronti dei soldati alleati, con la chiara rappresentazione della mancanza di indulgenza da parte dei primi, che non rifiutavano la tortura e l’annientamento del loro spirito come nuove armi contro i nemici, esasperando così il clima bellico.

È interessante vedere come la Jolie mostri, senza alcun compiacimento, i mesi di Zamperini all’interno del campo di prigionia e ciò che veniva inflitto ai soldati, ma senza andare al di là dell’agghiacciante e pura visione dei fatti. Il dolore non si respira. Non è palpabile. Non è personale. È distaccato, non ci appartiene, è solo di Zamperini. Noi continuiamo a esserne gli spettatori e null’altro. Ne vediamo la sua magrezza (fra l'altro, ottimo Jack O'Connell), ma non la perpetua e intollerabile fame. Forse, la scelta di uno stile più intimo, con movimenti di macchina più dettagliati, attaccati al fisico del protagonista avrebbero potuto correggere questo enorme difetto.

Insomma, Unbroken sarebbe potuto essere un pugno allo stomaco, un grido disperato di amore per la vita, per se stessi e il mondo, di rifiuto della violenza, che avrebbero generato una miscela pronta a esplodere dentro lo spettatore, assieme ai centinaia di morti e feriti che pullulano nei fotogrammi. Ma così non è stato. La strada percorsa dall’attrice è stata un’altra e malgrado si intraveda una via d’uscita, è meno gloriosa di quel che si immagina.

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