R Recensione

8/10

Breaking Bad - Reazioni Collaterali (High Bridge Entertainment, Gran Via Productions Sony Pictures Television, 2008)

Drammatico
recensione di Elisabetta Muratori

Walter White è un insegnante di chimica al liceo e padre di famiglia nel Nuovo Messico. Il lieto giorno del suo cinquantesimo compleanno è sconvolto dai referti delle sue analisi: cancro ai polmoni. Preoccupato per la situazione economica familiare assolda Jesse Pinkman, un suo ex-studente coinvolto in piccoli giri di spaccio, decide di usare le proprie competenze per produrre metanfetamina di alta qualità. mostra spoiler

Da anonimo e sbadato professore di mezza età il personaggio si trasforma lentamente fino ad arrivare a confondere se stesso e lo spettatore attraverso conflitto con la propria identità.

 

L'inevitabilità è la direzione di marcia di Breaking Bad e imminente appare sempre la sconfitta dei protagonisti che sembrano cadere sempre in piedi. Grazie all'incipit della serie già il primo impatto è forte e lascia lo spettatore solo in mezzo al deserto, pieno di domande. La ripresa è silenziosa: dei pantaloni da uomo che cadono dall'alto in un deserto arido in mezzo a cactus in un ambiente inospitale. Un vecchio camper rumoroso a tutta velocità li investe, schiacciandoli nella sabbia rossiccia. Polvere che si alza. In preda al panico al volante c'è un uomo dalla carnagione pallida, veste solo mutande bianche che non hanno nulla di sexy sulla corporatura sedentaria di un cinquantenne. Un giovane è svenuto sul sedile a fianco, entrambi indossano una maschera antigas. Il camper è fuori controllo - sbanda – sfreccia sulla strada sabbiosa – si schianta tra gli arbusti e i cespugli. L'uomo esce e registra un messaggio per la sua famiglia: qualunque cosa succeda, vuole ricordargli che lui li ha sempre amati.

Protagonista è Walter White (Bryan Cranston), insegnante di liceo senza troppe manie di grandezza. Sembra quasi non lo voglia questo ruolo da protagonista di un'acclamata serie tv, vorrebbe essere lasciato in pace nella sua vita quotidiana con la sua bella famiglia modello, la moglie Skyler (Anna Gunn) e il figlio Walter Junior, affetto da paresi cerebrale. Walt ha cinquant'anni, vive ad Albuquerque nel Nuovo Messico, e vede il mondo attraverso un paio di occhiali dalla montatura leggera in metallo e dalla prima impressione ce lo immaginiamo abitudinario, remissivo, cordiale, un po' ingenuo.

Di certo non sembra il responsabile di quelle notti insonni e appuntamenti mancati che una serie tv come si deve causa nelle vite degli spettatori: potrebbe essere una storia apparentemente comune di un padre di famiglia a cui non basta lo stipendio da insegnante e arrotonda lavando automobili in vista dell'arrivo del suo secondogenito. Altrettanto comune è la malattia che gli viene diagnosticata il giorno del suo cinquantesimo compleanno: cancro ai polmoni.

Dalle prime terapie di Walter le sue preoccupazioni sono concentrate sull'affermazione del suo ruolo di padre e sul sostentamento economico del nucleo familiare che deve sopravvivere dignitosamente nonostante i costi elevati delle cure mediche, nonostante la bambina in arrivo e la disoccupazione della moglie... fuori dal comune è la soluzione che Walt trova a questi problemi: decide di guadagnare dallo spaccio di metanfetamina che lui è in grado di produrre ad elevata purezza. Ottiene così una nuova identità con cui non convive pacificamente, ma che costruisce in modo meticoloso: si fa chiamare Heisenberg (come l'Heisenberg premio nobel per la Fisica, celebre per il suo principio d'indeterminazione e co-fondatore della meccanica quantistica).

Indeterminazione sì, ma in Breaking Bad niente è lasciato al caso, i dettagli e gli elementi che tornano costantemente hanno forti valenze, anche simboliche: insetti che vengono calpestati, pupazzi di stoffa smembrati e mutilati accompagnano le ossessioni dei personaggi. E i punti di vista del regista lasciano spazio alla creatività e libertà della macchina da presa: a volte vediamo ciò che accada dal punto di vista di una pala che scava una fossa, altre volte dal punto di vista di una mosca e altre ancora siamo un robot domestico che pulisce il pavimento.

Breaking Bad ha ricevuto numerosi premi. Si è aggiudicata tutti i più importanti degli Emmy Awards del 2014. Critica. Pubblico. Attori. E' stata considerata dal Writers Guild of America tredicesima serie meglio scritta di tutti i tempi. Un successo. Premi, premi e ancora premi per questa che inizia con le sembianze di una lotta alla sopravvivenza, avvincente, ambigua e a tratti scomoda.

Tra cactus, rocce e ambientazioni desertiche la serie si sviluppa all'insegna dell'inaspettato, spostando continuamente la linea di confine che c'è tra giusto e sbagliato, legale e illegale, necessario e sadico, non permettendo allo spettatore di avere un punto di vista ben preciso nella caratterizzazione dei personaggi, che Gilligan fa evolvere continuamente.

Vince Gilligan concentra il fascino di tutta la narrazione nello sviluppo controverso del personaggio, che si trasforma gradualmente dall'innocuo uomo ammalato di mezza età nell'antagonista, insensibile, freddo, violento, calcolatore – messo a confronto con altrettanto complessi personaggi, tutti con l'incredibile capacità di stupire continuamente. Incredibilmente sveglio anche Hank (Dean Norris), il cognato di Walt, agente della DEA che con le sue intuizioni e indagini cerca di ricollegare i tasselli del puzzle.

L'unico che ci sembra mantenere una certa moralità è Jesse (Aaron Paul), che non sarebbe dovuto sopravvivere alla prima stagione, ma ha conquistato gli sceneggiatori divenendo un personaggio chiave. Jesse, nonostante inizialmente viva con Walt un rapporto come padre e figlio, non riesce a diventare freddo e insensibile e psicologicamente diviene fragile e instabile, ma sempre forte nei suoi sfoghi emotivi che rompono il ghiaccio in mezzo alle trattative di sangue e droghe. Ma la passione? L'amore? Le emozioni? Jesse urla, si innamora due volte, nel suo cuore le cose si muovono di fronte alle ingiustizie e all'innocenza dei bambini, in virtù della sua infanzia perduta, forse, che lo ha portato ad agire al di fuori della legalità.

Rompere le regole, ma quali regole? “Breaking bad” è un'espressione statunitense tipica del Nuovo Messico che ha l'accezione di “rompere con la retta via”, perdere la strada, fare il diavolo a quattro: questo fanno i personaggi, rompendo le regole imposte dalla società, e questo fa Gilligan, spodestando il protagonista, mescolando i ruoli e giocando con il coinvolgimento dello spettatore che arriva al punto in cui non si fida più di nessuno.

Il rapporto dello spettatore con Walter è come una storia d'amore, chi guarda ci mette un po' a rassegnarsi al cambiamento del personaggio, che muta non solo nelle azioni, ma anche nell'aspetto e nel modo di parlare: Walt si guarda allo specchio e vede Heisenberg, gli spessi occhiali da vista e testa rasata sostituiti da occhiali da sole e cappello nero Pork Pie. Cambia lo sguardo, cambia il timbro della voce. Ma noi spettatori, come amanti instancabili non ancora disillusi, cerchiamo di vedere in lui ancora i barlumi di quell'amore perso.

Il professore che asserve la chimica al guadagno illecito è interpretato magistralmente da Bryan Cranston, che molti ricordano per la serie dell'adolescente ribelle “Malcom in the Middle” e pochi lo immaginano nella parte di un gangster dal sangue freddo a capo di un impero della droga. Bryan nelle interviste ha spesso raccontato di come sia cresciuto in una famiglia povera e prima di diventare un attore famoso ha sempre dovuto provvedere per i suoi cari. Scelto dagli sceneggiatori che hanno visto la sua interpretazione nel ruolo di un malato terminale antisemita in X-Files, ottiene la parte. Nel ruolo di Walt ora lo vediamo ripetere innumerevoli volte che tutto ciò che fa, lo sta facendo per la famiglia – espressione che usa fino alla fine.

La regia di molte scene chiave è stata paragonata a quella di Tarantino nel celebre Pulp Fiction. Vere e proprie citazioni collegano le due storie di droga, avvicinando i personaggi all'immaginario comune – turbolento e avvincente in entrambi i casi. E i temi alla Tarantino nella serie sono ricorrenti, ma i paragoni a volte sono un po' forzati. Il ritmo della narrazione è cadenzato, raramente perde attrattività grazie alla storia complessa e all'insistente mania di Gilligan di introdurre elementi che stimolano la curiosità.

Un episodio dopo l'altro, diventiamo sempre più calcolatori, sfiduciati, pronti ad essere sorpresi di nuovo, ma mai pronti abbastanza.

Un consiglio? Guardarlo in lingua originale, per non perdere le sfumature.

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