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4/10

Ghostbusters regia di Paul Feig

Fantastico
recensione di Fabio Secchi Frau

Abby ed Erin sono una coppia di scrittrici semi sconosciute che decidono di pubblicare un libro sui fantasmi. La loro tesi consiste nell'affermare che questi sono assolutamente reali. Tempo dopo Erin ottiene un prestigioso incarico come docente della Columbia University. Quando il libro sugli spettri, ormai dimenticato, ricompare, diventera` lo zimbello della facolta` e sara` costretta a lasciare il lavoro. La sua credibilita` e` persa ed Erin decide a quel punto di riunirsi ad Abby aprendo una ditta di acchiappafantasmi. Scelta che si rivela vincente: Manhattan e` invasa da una nuova ondata di spettri e non ci sara` altro da fare per il team che dargli la caccia.

  Ghostbusters – Acchiappafantasmi (1984) o Ghostbusters (2016)? Ivan Reitman o Paul Feig? Perché ogni volta che stiamo vivendo un periodo di pace interiore, sul più bello, Hollywood decide di giocare con l’effetto rewind, facendoci tornare al punto di partenza di una pellicola X con un reboot che, regolarmente, fa scoppiare in internet commenti acidi e imbarazzanti che hanno il dolce suono del “Che diavolo state facendo?” o “Ma come osate rifare quel film che era un capolavoro, brutti figli di p*****a?”.

  E così, trent’anni dopo l’assalto culturale del film originale, torna sui grandi schermi, completamente riavviato per una nuova generazione, Ghostbusters, che non è solo un reboot del classico Anni Ottanta, iniziatore di un franchise di tutto rispetto, ma un esempio di genderswap, ovvero con uno slittamento dell'identità di genere di un personaggio verso il genere opposto. Quindi, non più quattro protagonisti maschili, ma un cast principale tutto al femminile, secondo quanto l’Ufficio Marketing Challenges delle case di produzione comandano per vendere meglio il titolo. Eh sì, perché gli Studios, piuttosto che arricchire il presente cinematografico di tutti noi con trame originali, preferiscono usare storie che già esistono e che hanno un grosso e (oserei dire) storico esercito di fans, per cavalcare debolmente l’onda della polemica politica inerente alla corsa presidenziale del 2016 (Trump vs. Hillary Clinton), dando potere alle donne... Ma principalmente per soldi! Sì, per soldi. Perché non c’è niente di artistico o di visivamente affascinante in quest’opera cinematografica. Perciò, se ne deduce che Ghostbusters 2016 è una mera e semplice fonte di guadagno e niente più di questo.

  Vorrei dirvi che c’è tutto e di più in questo Ghostbusters diretto da Paul Feig, nome dal passato fortemente impregnato nella commedia al femminile ibridata per genere (poliziesco con Corpi da reato o spy story con Spy), ma non posso mentire e, seppur il prodotto unisca molti degli elementi forti del titolo del 1984, non è oggettivamente stato capace di rilanciare il franchise con lo stesso graffio dell’originale. Ergo, ha fallito nella sua unica e basilare missione che, lo ripeto, è incassare.

  Come in Ghostbusters – Acchiappafantasmi, tutta la vicenda segue a grandi linee quella del film che già conosciamo: New York, fantasmi, acchiappafantasmi.

  Peccato che il primo tasto dolente sia proprio l’assenza di New York quale protagonista. Nel 1984, Reitman ci offriva, tra inquadrature e battute, scorci di ampio respiro della Grande Mela. Ce la faceva scoprire, conoscere, amare e infine difendere, mettendoci nella tuta dei Ghostbusters. Anche noi, come Winston, gridavano “Io ti amo New York!” dopo la sconfitta del supercattivo! Feig, invece, poteva benissimo ambientare tutta la storia a Chicago, Seattle o Washington che nulla gli sarebbe cambiato, vista la poca attenzione che offre alla metropoli americana.

  Nulla da dire, invece, sul grande cast. Melissa McCarthy, Kristen Wiig, Kate McKinnon e Leslie Jones sono nomi nati, allattati, cresciuti e abituati alla commedia e si mescolano bene fra loro. Le due performances che eclissano però le altre sono inaspettatamente solo quelle delle ultime, che si lasciano andare a mimiche e scenette memorabili, anche quando (e lo dico soprattutto nel caso della Jones) calcano la mano sul vergognoso stereotipo razziale della donna afro-americana da ghetto, derivante dagli antichi giorni cinematografici della blackface. Insomma, posticipate il vostro travaso di bile sessista alle tastiere per qualcos’altro, perché il genderswap non è un problema. E vergognatevi se avete fatto commenti razzisti, perché ce ne sono stati di enormi, sull’ovvio colore della pelle di una delle protagoniste (tanto esagerati da spingere la Jones a lasciare Twitter quando paragonata a un gorilla)! Piacevole il fatto che il vecchio cast (Bill Murray, Ernie Hudson, Dan Aycroyd, Sigourney Weaver, Annie Potts, ma persino il figlio del defunto Harold Ramis) si sia reso disponibile per alcuni piccoli ruoli.

  Il vero dilemma del film è invece la sceneggiatura. Un’idea che sulla carta poteva (forse!!!) funzionare, al cinema diventa farraginosa, ripetitiva e poco comprensibile. Paul Feig e Katie Dippold non hanno lo stesso genio comico e oltraggioso di Dan Aykroyd e Harold Ramis. E si vede! E si sente!!!

  Per questo motivo, il film merita pienamente di essere stato cannato dalla critica e di aver udito il grido irritato del pubblico globale all’oltraggio.

  Ci sono alcune scene molto goofy (ma non così goofy come nell’originale), si scatena qualche buona risata, ma il resto dello script è sciapido e grossolano. La McCarthy è divertente come sempre, ma è pericolosamente vicina a essere “la McCarthy che interpreta…” e non il personaggio in quanto tale. La Wiig è la povera sostituta di Murray/Dottor Peter Venkman, ma lo scimmiotta malamente nell’incapacità di mantenere un rapporto professionale e rispettoso con i membri del sesso opposto, soprattutto quando si trova davanti Chris “Thor” Hemsworth. Un’occasione sprecata, insomma. Le linee dell’idea che avevano portato al successo, qui vengono semplicemente ripetute, quando invece Feig e Dippold avrebbero potuto prendere il franchise e portarlo in una direzione totalmente nuova, anche alla luce del fatto che coniugare ectoplasmi ed estrogeni avrebbe potuto veramente offrire un piacevole film di intrattenimento in questa assolata estate. E invece niente. Divertimento sporadico e poco genuino in nome del facile successo che stavolta, però, ha mancato l’appuntamento.

  Chi mastica Storia del Cinema, quasi mette il broncio nel ricordare che, negli Anni Novanta, Dan Aycroyd aveva proposto un terzo sequel che avrebbe ruotato intorno a un viaggio in una versione infernale di New York, ma la pellicola avrebbe avuto un budget esorbitante per gli effetti speciali e il progetto venne bocciato (anche di fronte al volubile Murray non più interessato alla saga). Un reboot sarebbe costato meno e, visti gli effetti speciali oscenamente e turpemente usati in questo, se ne evince proprio la dura realtà visiva ed economica. Il design dei fantasmi è gravemente debole. Gli spettri sono identici a quelli del film Scooby-Doo e appaiono come entità che non spaventano, non incuriosiscono, non soccomberebbero le menti dei più piccoli, mentre tutti coloro che sono stati bambini o teenagers negli 80s ricordano ancora la urlante Signora in Grigio o gli spaventosi cani demoniaci di Gozer che davano la caccia alla Weaver e a Rick Moranis. In un’era di effetti digitali, Ghostbusters 2016 fa cilecca anche sotto questo punto di vista! Un vero disastro che i trolls avevano predetto a partire dal luglio 2016, quando cioè il primo vero record raggiunto dalla pellicola fu il numero più alto di “pollici verso il basso” carichi di disprezzo su YouTube sotto il trailer.

  Tirando le somme: Ghostbusters originale sarà sempre un classico e un film speciale per tutti noi, dotato di un potere immaginifico, visivo e culturalmente significativo. Questo reboot, invece, è semplicemente una mediocre commedia orrorifica che non merita elogi, né disprezzo, solo tanto senso di delusione.

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Mr. Zanon alle 13:31 del primo settembre 2016 ha scritto:

Intanto complimenti per l'interessante recensione Fabio. Il film non lo ho visto. Devo dire che non mi attira più di tanto, nonostante abbia apprezzato le tre commedie precedenti di Paul Feig. Il punto è che dare nuova linfa ad un cult così immortale ed amato è un enorme rischio e, infatti questo reboot mi lascia abbastanza perplesso in varie scelte, a partire da certi nomi del cast (su tutti Chris Hemsworth). Credo che lo recupererò con molta calma. Buona giornata a tutti...