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7/10

Transformers. Dark Of The Moon regia di Michael Bay

Fantascienza
recensione di Alessandro M. Naboni

Terzo capitolo della saga miliardaria di Transformers diretta da Michael Bay. Sam, dopo aver salvato la terra e ricevuto la medaglia al valore da Obama, si è laureato e con poco successo sta cercando di trovarsi un lavoro 'normale'. Gli autobot invece sono diventati collaboratori stabili della CIA e del governo americano. La tranquillità sembra regnare sulla terra, ma una nuova minaccia arriva da lontano, dagli anni '60 e dal primo passo dell'uomo sulla luna. Un misterioso nemico minaccia le sorti del genere umano.

Ammirazione, come quella di un bambino davanti a un prestigiatore che estrae un coniglio dal cilindro. Perché Bay non è un Emmerich qualsiasi, un cialtrone sfaccendato come Uwe Boll o un regista-artigiano di pellicole d’azione. Il suo è stupendo cinema fracassone in purezza, adrenalinico trionfo yankee dal primo fino a (quasi) l’ultimo minuto. E poi solo lui poteva iniziare un film così, con una steady-cam a seguire da ‘dietro’ la non-perfetta sostituta di Megan Fox.

È passato qualche anno da quando lo studentello Sam Witwicky salvava il mondo dalla minaccia dei Decepticon, umano dal cuore di Transformers. Ora si sveglia nel letto di una bionda-superfiga-giovane-lavoratrice-ma-con-mega-loft , ha un intero coniglio bianco portafortuna e una medaglia al valore consegnatagli da Obama; si è laureato, ma è ancora senza lavoro, a differenza della sua ex Camaro gialla impiegata a tempo pieno nella CIA e sostituita con un’auto da ‘collezionista’. Ma soprattutto Shia LaBeouf è sempre più il giovane Harrison Ford: stessa faccia stranita di chi è stato coinvolto senza colpa in qualcosa più grande di lui, stesse espressioni da orgoglioso imbronciato, stessa (auto) ironica determinazione che sa non prendersi troppo sul serio. Spielberg non sbaglia. L’inizio è l’inevitabile quiete prima della tempesta di metallo, circuiti e necessarie esplosioni.

Michael Bay non racconta soltanto storie, (ri)scrive la Storia. Negli anni ’60, in piena Guerra Fredda, USA e URSS si sfidavano per la conquista dello spazio. Il 20 luglio 1969 l’americano Neil Armstrong fu il primo essere umano a camminare sul suolo lunare. Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità, la storica frase a effetto. Nelle comunicazioni con la terra ci fu soltanto un’interruzione nel momento in cui l’Apollo 11 si trovò nel lato oscuro della luna: nella Bay-storia Nixon, la NASA e i suoi astronauti approfittarono di quegli istanti di blackout per portare a termine la ricognizione a un gigantesco relitto di nave aliena schiantatasi anni prima. Pochi anni più tardi americani e russi chiusero i loro programmi lunari. Poi un’altra manifestazione di poteri più grandi dell’uomo che ha la presunzione di saperli controllare: è il 1986, Chernobyl e quel disastro causato dall’incapacità di gestire un’enorme fonte di energia non-terrestre. Revisionismo o meglio tra(n)sformismo storico. Il passato nasconde misteri e tecnologie robotico-aliene incomprensibili all’uomo nella loro totalità, almeno fino a quando è quasi troppo tardi e il pericolo latente si mostra nella sua devastante scelleratezza. Ancora una volta i Decepticon si fanno beffe degli Autobot, con l’aiuto di (piccoli) umani minacciati e compiacenti perché il lato oscuro è sempre quello più facile/attraente. E di nuovo tocca a Sam salvare il mondo.

Il resto è puro spettacolo e più-o-meno prevedibili svolte narrative, tra Autobot disertori dalla notte dei tempi, il secondo astronauta lunare e il segreto mai svelato, l’Arca della non-allenza, l’indignato Optimus Prime, la guerriglia strategica di un Megatron a mezzo servizio, tazze rosse al piano giallo, nostalgie di pianeti lontani, genitori in (s)gradita visita con mega pullman che ricorda quello di De Niro in ‘Mi presenti i tuoi', lo stupendo ritorno dell’incompreso gigione John ‘Jesus’ Turturro (sopra tutti a livello attoriale) con il letale assistente Alan Tudyk , il lampadato cameo di John Malkovich e l’intransigente Frances McDormand. Ah si, c’è anche Patrick Dempsey. Chi vincerà alla fine?

Sempre e comunque Bay, tamarro e orgoglioso di esserlo, e le sue esplosioni. Strepitose sequenze d’azione, manciate di patriottismo critico, grattacieli distrutti, migliaia di persone annientate senza troppi rimorsi, inseguimenti che fanno la gioia dei meccanici, robot stupidi quando serve, l’immancabile bella che scappa leggiadra sui tacchi con acconciatura/vestito sempre perfetti, frasi fatte, il movente sentimental-eroico, secchiate di testosterone e musica rock come se piovesse. Nobile cinema maschio, un po’ come i calendari nelle cabine dei camionisti.

Michael impressed me. Assunto.

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marcus 7/10
alexmn 7/10

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