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7/10

Cloud Atlas regia di Lana Wachowski, Andy Wachowski, Tom Tykwer

Fantascienza
recensione di Alessandro Giovannini & Alessio Colangelo

 

6 epoche diverse, 6 storie diverse: nel 1849 un avvocato di San Francisco simpatizza con uno schiavo negro clandestinamente penetrato su una nave per fuggire da una colonia del Pacifico; un compositore scozzese omosessuale negli anni '30 del Novecento presta servizio come assistente nella magione di un anziano musicista, aiutandolo a comporre, ed in questo frangente inizia a concepire l'opera musicale perfetta: Cloud Atlas; nel 1973 una giornalista si imbatte in un anziano professore che le rivela verità scomode su esperimenti nucleari non autorizzati; nel 2012 uno scapestrato editore inglese decide di pubblicare lo scrittore sbagliato, ritrovandosi indebitato fino al collo e rinchiuso in una pensione per anziani dalla quale sembra impossibile fuggire; nel 2144 a Neo-Seoul, la commessa di una tavola calda scopre la propria natura di prodotto biotecnologico e si unisce alla causa di un gruppo di ribelli; nel 2300 post-apocalittico una comunità di umani ridotti al primitivismo tecnologico accoglie con sospetto l'arrivo di una nave dall'Oceano, dalla quale sbarca una misteriosa individua dagli altrettanto misteriosi propositi.

Alessandro Giovannini:

Cloud Atlas è una produzione tedesca (la più costosa della storia di quel paese), ma nella forma e nella sostanza rimane profondamente americano; i tre registi (il tedesco Tom Tykwer, venuto alla ribalta con il film Lola corre, più i famosissimi fratelli Andy e Lana Wachowski) si sono spartiti i vari episodi del film (ai fratelli i due episodi futuristici più quello coloniale, gli altri a Tykwer), che hanno scritto tutti assieme. Inutile dire che l'estetica di Neo-Seoul è molto simile alla città delle macchine vista nella saga di The Matrix, nonché fortemente influenzata dalla megalopoli di Blade Runner. L'episodio post-apocalittico è un incrocio fra Apocalypto e Il ritorno dello Jedi, mentre l'episodio coloniale riporta alla mente Amistad di Spielberg. Il segmento dell'editore inglese, particolarmente comico, è un omaggio alle commedie british, il frammento anni '70 sembra anch'esso rifarsi al cinema inglese d'azione di quel decennio (magari una di quelle pellicole con Michael Caine); l'episodio più fresco sembra essere quello che rappresenta il fulcro della narrazione, cioè quello del compositore omosessuale.

Se analizzati separatamente i vari segmenti non sembrano nulla di particolarmente originale, la novità dell'operazione sta proprio nel loro essere messi insieme; guardando Cloud Atlas si ha l'impressione di fare un viaggio nella storia del cinema, spaziando fra generi diversissimi, fra Europa e Stati Uniti, fra realismo poetico e cinema narrativo, con la volontà di realizzare un film totale, ambizioso quanto il viaggio interstellare di 2001: Odissea nello spazio o intertemporale come The Tree of Life; oppure il titanismo visivo – e questo sì molto tedesco – di un Herzog e di un Lang del periodo teutonico, o l'epica umana di un Reitz. Ma non sfugga il debito principale dell'operazione, prepotentemente made in USA: inevitabilmente il cinema americano passa per Griffith, e Cloud Atlas in particolare non può che rimandare a Intolerance, compimento del cinema narrativo nonché trionfo del montaggio parallelo, dettami a cui ci si attiene fedelmente in questa pellicola, che peraltro sembra riprendere anche la tematica del film del maestro americano: il tema dell'intolleranza e dell'oppressione è presente in tutti gli episodi di Cloud Atlas (razzismo di epoca coloniale, antisemitismo e condanna dell'omosessualità negli anni '30, lobby senza scrupoli che mettono a tacere i mezzi di informazione negli anni '70, odi parentali nell'era contemporanea, nuove forme di schiavitù nel prossimo futuro, homo homini lupus nel mondo post-apocalittico) e fa da filo conduttore fra le varie storie, affinché esse compongano un affresco unico sulla volontà di riscatto e di libertà dell'uomo di fronte a qualunque forma di controllo o sottomissione affrontata nel corso della storia. In questo senso il film è un inno liberale e progressista, un j'accuse contro tutti i totalitarismi, un'incitamento alla sollevazione, un grido di indignazione nei confronti dei soprusi dell'uomo sull'uomo, una preghiera laica (ma con un po' di mistica new-age e teoria Jung-iana) ed un invito alla speranza. Il tutto confezionato nelle forme di un grande spettacolo, con cambi di registro da un episodio all'altro e una divertente parata di star che si ripropongono nei vari episodi assumendo ogni volta nuove identità e rendendo la visione una sorpresa continua, che va ad abolire la noia nonostante le quasi tre ore di durata.

Il film richiede in fondo solo una cosa: abbandonare il tentativo di un'organizzazione logica e razionalmente serrata degli eventi, e lasciarsi trasportare dalla magia del cinema. Solo così sarà possibile allo spettatore dimenticarsi della banalità di alcuni dialoghi, della scontatezza dello svolgimento di molti episodi, del senso di deja-vu che inevitabilmente si paleserà in più momenti, delle velleità autocitazioniste degli autori, insomma della mediocrità degli episodi presi singolarmente, per godersi la potenza espressiva del tutto.

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Alessio Colangelo:

Molti si chiedevano come sarebbe stato il ritorno dei fratelli Wachowsky, dopo la saga The Matrix che in qualche modo ha fatto da spartiacque tra il moderno e l’inizio dell’era postmoderna e (post-filmica?). In tutta la prima parte le diverse storie vengono intrecciate senza nessuna parvenza di consequenzialità rendendo questo film molto simile a Tree Of Life di Malick, simile anche per un grande senso etico che abbraccia tutto questo percorso visionario, sconnesso e tortuoso che troverà il suo compimento solo nel finale. Senso cosmico, meccanica dello scorrere, trascendenza, speculazione dell’ingegneria biomedica, ancestralità brutale e modernità spietata sono alcuni dei temi già proposti dai registi nella loro famosa saga; è il loro stile che invece si è modificato, si è reso complesso, intrecciando storie temporalmente e spazialmente diverse dai molteplici significati. Qui sta il pregio e il difetto del film; se da una parte l’originalità può essere un grande surplus in un cinema sempre più copia di se stesso, la più grande pecca è quello di essere ormai sempre più “pomposo” e lontano dal reale. Le sontuose scenografie digitali creano sempre più l’impossibile, la stessa macchina da presa virtuale elabora movimenti che superano le leggi della fisica, tutto va verso una trasformazione della fantascienza in qualcosa di (ultra)terreno che si distacca sempre di più dal nostro immaginario. Non era forse più accattivante la cine-filosofia cartesiana messa in scena in Matrix che conservava un suo grado di plausibilità? Cloud Atlas è una sinfonia sinestetica, presente nell’attimo, ma limitata nel tempo. La parte del film che si svolge nel passato (anni 30 e anni 70) è girata da Tom Tykwer e risulta stilisticamente differente rispetto alla parte futuristica curata interamente dai fratelli Wachowsky, una piccola discontinuità appena percettibile, ma che tuttavia non va a demolire completamente la monumentale opera complessiva che nelle sue quasi tre ore di lunghezza non ha stancato né annoiato. Avvolto da una mistica orientaleggiante e da un’estetizzante visionarietà il film rischia di confondere lo spettatore che forse potrebbe non dargli un giudizio positivo. Un cast straordinario, con l’interpretazione ammirevole di Tom Hanks, ha rievocato una realtà immaginaria nei termini di una nuova fusione tra lo spirito e la corporeità guidate da una sinfonia che suona il destino della vita nell’universo dove le scelte che compiamo ci condizionano sempre e non sono mai le stesse. Il film è tratto dal romanzo di David MitchellL’atlante delle Nuvole”.

Cloud Atlas è uno di quei film che ha già diviso la critica.

A mio parere è un opera troppo ambiziosa che nella sua imponenza perde dei pezzi, forse sarebbe stato più convincente realizzare almeno una trilogia per approfondire e ampliare degli universi che rimangono solo delle piccole isole.

 

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Voto degli utenti: 7,6/10 in media su 8 voti.

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forever007 (ha votato 10 questo film) alle 16:55 del 13 gennaio 2014 ha scritto:

E' un film maestoso!