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R Recensione

7/10

Pacific Rim 3D regia di Guillermo del Toro

Fantascienza
recensione di Antonio Falcone

Anno 2025. La Terra è ormai impotente contro la minaccia dei Kaiju, mostri alieni provenienti non dagli spazi siderali bensì dalla profondità degli abissi marini, dai quali sono emersi all’improvviso, in seguito ad una falda venutasi a creare fra due placche sul fondo dell’Oceano Pacifico, causa l’eccessivo sfruttamento delle risorse del pianeta.  Se nel corso degli anni l’impiego di enormi robot (Jaegers, cacciatori), controllati ognuno da una coppia di piloti collegati mentalmente da un ponte neuronale (drift), sembrava aver avuto ragione degli invasori, quest’ultimi apprendevano da ogni combattimento qualcosa di nuovo, incrementando di volta in volta la loro potenza. Con i tagli previsti al Progetto Jaegers, sostituito dalla previsione di una più economica costruzione di barriere lungo le coste, presto rivelatesi inutili, l’unica speranza di salvezza è costituita dal movimento di resistenza messo in atto dal comandante Stacker Pentecost (Idris Elba), che crede ancora nella potenzialità dei robot, tanto da richiamare in servizio l’ex pilota Raleigh Becket (Charlie Hunnam) per riaffidargli il comando di un “vecchio cacciatore” a propulsione nucleare, il Gipsy Danger, affiancato dalla giovane Mako Mori (Rinko Kikuchi), entrambi con pesanti traumi emotivi alle spalle …

Diretto da Guillermo Del Toro, intervenuto anche nella sceneggiatura opera di Travis Beacham, Pacific Rim si sostanzia come un divertissement autoriale molto pop, volto ad integrare fra loro due generi cari al regista, rientranti nella fantascienza giapponese, quello dei Kaiju, i mostri provenienti dall’ignoto, simbolo degli errori umani più devastanti (le radiazioni atomiche, causa del loro risveglio, a partire dal Gojira/Godzilla di Ishiro Honda,’54, a sua volta ispirato a Il risveglio del dinosauro, ’53, The Beast from 20,000 Fathoms,  diretto da Eugène Lourié) e l’altro, ad esso collegato, dei mecha, in particolare gli anime robotici di Go Nagai, senza dimenticare Hideaki Anno e il suo Neon Genesis Evangelion, ’95. L’intento di tale operazione sincretica è coinvolgere sia le generazioni passate che quelle odierne, mettendo in atto un compromesso fra fantascienza ed azione, che alla visione si sostanzia in un netta prevalenza del fattore estetico/visivo rispetto a quello più propriamente contenutistico. Del Toro appare a suo agio nel dirigere le varie sequenze dei combattimenti, con una predilezione per i primi piani, dove l’alta dose di spettacolarità non è mai disgiunta da una certa attenzione ai particolari, felicemente coadiuvato dalla fotografia di Guillermo Navarro, mentre la pur suggestiva colonna sonora (Ramin Djawadi miscela diversi stili musicali, fra tradizione ed elettronica) a volte risulta sin troppo roboante ed invadente.

 L’attenzione alle citate sequenze d’azione, una certa scioltezza nell’incedere narrativo, nonostante una durata eccessiva che evidenzia lacune e schematicità dello script, e il felice impianto scenografico, dove l’impiego del 3d si rivela superfluo (con uno sgradevole, almeno a mio parere, effetto trasbordante), non bastano però ad offrire la dimensione più intima e personale propria del regista, cioè far sì che la sua emozione primaria si trasferisca agli spettatori perché possano farla propria, se non a tratti (il ricordo di Mako relativamente al trauma subito da bambina, per esempio). Appare poi diseguale nella resa complessiva l’ironia offerta dai  siparietti affidati alla coppia di scienziati interpretati da Charlie Day e Burn Gorman o al trafficante di organi dei Kaiju, Ron Perlman, che forse avrebbe meritato uno spazio maggiore. Né appare memorabile la caratterizzazione “classicamente” impostata dei protagonisti, dal granitico Elba alla mono espressività delineata da Hunnam e Kikuchi nell’offrire il solito iter: eroe caduto in disgrazia/eroina dagli infelici trascorsi, si risvegliano dal torpore esistenziale sino all’estremo gesto eroico affrontando i fantasmi del passato. Complessivamente, pur nei suddetti limiti, la gradevolezza d’insieme non manca, quindi ritengo che Pacific Rim possa considerarsi se non proprio il miglior film d’intrattenimento uscito in questi ultimi mesi, almeno il più coerente con l’impostazione ludica e “giocattolosa” perseguita sino in fondo dal suo autore, cui avrebbe giovato, in nome di una concreta compiutezza stilistica, una maggiore mediazione fra l’effetto nostalgia/omaggio e le esternazioni testosteroniche made in Usa.

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Voto degli utenti: 6,6/10 in media su 13 voti.

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