la tenerezza regia di Gianni Amelio

Molti hanno fatto leva sul fatto che La tenerezza, pur se basato su un testo pre-esistente, è in realta un velato ritratto di Amelio: Lui è il triste avvocato d'amelio, abbandonato dai suoi giovani figli (che sarebbero il pubblico, o peggio i critici) ma che ritrova linfa vitale con i nuovi vicini (altro pubblico? guarda caso più bello e vivo?) che invece lo apprezzano e non poco. Fine. In realtà La tenerezza vuole essere un ritratto di vite che non si conoscono e come si immaginano: un po' come ne Le chiavi di casa Amelio si immaginava quanto desolante e tremenda doveva essere la vita per i familiari di ragazzi con handicap, qua si chiede come deve essere la stessa per chi un tempo aveva fama e notorietà -in questo caso, un avvocato- ma ora non l'ha più. Purtroppo il giochin riesce fino ad un certo punto: troppo manichea la divisione buoni - cattivi, troppo da sitcom l'idea dei vicini che risvegliano la vita o da Alla fine arriva Polly, e soprattutto tutto troppo concentrato sul colpo di scena: certi colpi sono buoni per chi vuole impressionare eventuale finanziatori, ma ropono l'incantesimo e appiattiscono la visione, rendendone impossibile una seconda o una terza. Amelio sembra ossessionato da sempre dal valore delle cose perdute: la coppia Germano-Ramazzotti anche se totalmente e incredibilmente mal assortita (in realtà l'unica buona in coppia con la ramazzotti fin'ora è stata la Bruni Tedeschi, stringi stringi) rappresenta l'altra ossessione di Amelio: il disegno de "i belli". I due anche se i migliori amici di Lorenzo sono in realtà motivo di dolore: sono da una parte quello che non è più e forse anche quello che non è mai stato. Su un tema non proprio simile ma parallelo aveva fatto meglio la Golino con il pur pieno di difetti Miele.