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R Recensione

7/10

Kairo regia di Kiyoshi Kurosawa

Horror
recensione di Massimiliano Scordamaglia

Sparizioni, suicidi, strani video quando ci si connette ad internet ed ecco che Tokyo viene sconvolta con qualcosa di misterioso destinato a propagarsi nell'intero mondo.

Cosa accade quando la dimensione dei morti trova un passaggio dentro la nostra?

Il J-Horror o Japan Horror che dir si voglia, ha avuto diversi meriti tra i quali lo svecchiamento di un genere da troppo accartocciato su se’ stesso e l’aver spiegato o rispiegato all’occidente che la tensione e’ fatta di un suono, di buio, del non sapere cosa si nasconde in una stanza in penombra.

L’horror e’ stato ammazzato dall’impossibilita’ del mercato statunitense di conciliare il politicamente corretto con la tensione insostenibile che scaturisce dal ribaltare l’ordinario, combinando ovviamente il tutto col MPAA rating, fondamentale affinche’ il ragazzetto paghi il suo obolo allo showbiz.

I giapponesi riescono nella quadratura del cerchio inventando la massima tensione senza incappare in alcun tipo di restrizione e da qui il successo negli USA con infiniti tentativi di imitazione o clonazione.

Kairo” o “Pulse” anche nell’edizione giapponese, e’ il genitore dell’omonima e piu’ celebre versione americana successiva di qualche anno, film che peraltro mi piace moltissimo, ottimamente realizzato e con un’anima autonoma rispetto l’originale che fa si di poter guardare entrambe le pellicole senza incappare in troppe ripetizioni, rendendole anzi autonome e peculiari.

Kurosawa, che nulla ha a che fare coll’omonimo Akira, tesse lentamente la sua tela, scorre lento sulla storia sbattendo improvvisamente la tensione in faccia allo spettatore che non sempre si aspetta cio’ che accadra’.

Alcune scene sono toste, toste davvero, talvolta uniche all’interno delle realizzazioni orientali come lo slow motion al posto del movimento a scatti tipico dei “fantasmi” giapponesi o l’uso alternativo dell’ombra sfumata e fuori fuoco.

Come ho detto le uscite USA e Japan sono entrambe molto valide, diverse con matrice comune valida per confronti.

Pari effetto ma diversa causa per l’incipit della storia: tecnologia spinta oltre il lecito per gli States, piu’ simile a “Zombi: Dawn of the dead” per il giapponese con i morti che fanno capolino da noi per mancanza di spazio.

Sfoggio di buon CGI per gli americani, piu’ fantasia e poesia se mi e’ concesso per gli altri.

Horror e thriller, azione e situazione, constatazione e cognizione, tutti elementi che differenziano le due versioni da intendersi piu’ come inevitabili differenze culturali e commerciali che contrapposte visioni del medesimo tema.

Forse l’eldorado e’ terminato anche da quelle parti ma e’ bello rivedere questi nuovi classici che giocando sull’idea riescono a farsi godere anche dopo parecchie visioni, riprova che il futuro, anche del cinema, non e’ piu’ qui ma consola sapere che finiremo in buone mani.

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