R Recensione

6/10

Necropolis - La città dei morti regia di John Erick Dowdle

Horror
recensione di Eva Cabras

La giovane archeologa Scarlett ha un missione: trovare la pietra filosofale. Seguendo indizi e tracce vecchie di secoli, la ragazza e i suoi compagni di viaggio arrivano nelle catacombe di Parigi, ma uscirne sarà più difficile del previsto.

L'avventurosa e impavida Scarlett è abituata a girare il mondo e nell'incipit di "Necropolis - La città dei morti" si trova in Iran, alla ricerca di un antico reperto archeologico che la porti sulle tracce della pietra filosofale. In questa prima porzione di film si concentrano molti elementi che verranno sviluppati più avanti: dicotomia sopra/sotto, claustrofobia, fantasmi del passato, trauma e caparbia ricerca della verità. Il problema iniziale, che poi si conferma come pecca per l'intera pellicola, è l'accumulo, ovvero la convinzione che una decina di riferimenti storico-culturali diversi possa rendere il tutto più interessante, ma che finisce invece per soffocare un plot potenzialmente ricco di spunti.

Una volta recuperato il prezioso reperto iraniano, Scarlet si reca a Parigi, dove incontra un vecchio amico, insieme al quale decifra una serie di messaggi nascosti che descrivono come e dove trovare la tanto agnognata pietra degli alchimisti. Il bottino è raggiungibile soltanto attraverso un condotto segreto delle catacombe parigine e, saggiamente, Scarlett e l'amico trovano un gruppo di esperti del luogo che li accompagnino negli infidi cunicoli sotto la città. Ecco che si fanno predominanti i riferimenti al binomio sopra/sotto, a un mondo capovolto secondo la topografia dell'Inferno dantesco e nella quale prende forma anche una variante dicotomica presto incarnata dalla dinamica fuori/dentro.

Nei bui e lugubri canali sotto Parigi, infatti, i protagonisti di "Necropolis - La città dei morti" non trovano dei banali fantasmi, ma i propri fantasmi, frutto di errori e colpe di un passato da espiare. Il viaggio di Scarlett nelle catacombe è un lampante e classico riferimento alla discesa agli Inferi di molti eroi della mitologia greca, altra fonte di citazioni molto presente insieme alla Divina Commedia, all'antico Egitto, all'alchimia, alla tradizione cristiana quanto a quella pagana. La confusione che sembra regnare sovrana nel film è proprio figlia di questa sovrabbondanza di ispirazioni, che soffocano quella poca ed elementare serie di azioni compiute dai protagonisti, ovvero il classico scappa-urla-e-muori. Epurato di gran parte della zavorra narrativa, il lavoro di John Erick Dowdle avrebbe potuto dare il meglio di sé, avendo già dalla propria parte uno scenario altamente suggestivo, un buon uso del found footage e la sempreverde ansia prodotta da un ambiente chiuso senza vie d'uscita.

Attenzione spoiler!

Il finale riporta il film sul binario che avrebbe forse dovuto catalizzare più massivamente l'attenzione, ovvero la ricerca della pietra filosofale. Il colpo di genio c'è e rimane saggiamente privo di spiegazione scientifica, dando punti in più a un lavoro che avrebbe altrimenti rischiato di deludere. Il viaggio di Scarlett non porta alla pietra filosofale, perché il viaggio di Scarlett è la pietra filosofale. Una volta decifrati interamente tutti gli indizi, la ragazza scopre che compiendo per intero il percorso all'Inferno si acquisisce per merito tutta la serie di poteri attribuiti alla pietra, quindi, è affrontando i propri demoni che si arriva alla verità e si riprende a vivere. Il finale semi-lieto constituisce, quindi, una piacevole variante ai film horror nella quale si sa già fin dall'inizio che moriranno tutti. Bien fait.

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