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5/10

Lights Out: Terrore nel buio regia di David F. Sandberg

Horror
recensione di Fabio Secchi Frau

Quando Rebecca se n’è andata di casa, pensava di aver lasciato dietro di sé le sue paure di bambina. Crescendo, non era mai sicura di cosa fosse reale e cosa non lo fosse quando le luci si spegnevano... e adesso il suo fratellino, Martin, sta vivendo gli stessi inspiegabili e terrificanti eventi che avevano già messo alla prova la sua sanità mentale e minacciato la sua sicurezza. Una spaventosa entità con un misterioso attaccamento alla madre, Sophie, è riemersa. Ma questa volta, quando Rebecca arriva a pochi passi dalla verità, le loro vite saranno in pericolo... quando si spegneranno le luci.

  A 3 anni dal cortometraggio originale omonimo, torna David F. Sandberg, regista prettamente horror, principalmente impegnato proprio in corti dalla qualità disuguale ma mai banale, con un ampliamento dello stesso.

  Dirige, infatti, la versione film della sua pluripremiata opera breve, che ebbe un’accoglienza molto positiva su YouTube (oltretutto mantenendo nel cast la protagonista Lotta Losten, qui confinata in un ruolo minore), facendosi produrre dall’attuale re dell’horror hollywoodiano James Wan.

  L’operazione di trasformare quello che è un corto di 3 minuti in una pellicola di 90, infondendo carne e ossa intorno al concetto principale (un mostro che appare solo quando si spengono le luci) purtroppo e però non riesce, con grande delusione della critica, ma non dello spettatore medio (sì, voi siete salvi).

  Sandberg, infatti, è ottimo nella creazione di jumpscares, ma nulla più di questo. Il resto delle riprese sono piatte, poco interessanti, da manuale.

  Ma la pecca principale è la sceneggiatura. Di certo, lui e Eric Heisserer amano raccontare le storie di donne complicate che schivano esseri soprannaturali, ma evitano percorsi psicologicamente e narrativamente più profondi e ardui, scegliendo rispettabili scorciatoie consolatorie e totalmente fuori dai rischi. Insomma, hanno scelto di percorrere una strada che era sicura, ben illuminata, ma sbagliata e si sono schierati al servizio di un plot che aveva poco da offrire, perdendo efficacia già nel giro della prima mezz’ora.

  Avrebbe sicuramente potuto funzionare meglio se non avessero umanizzato lo spirito maligno e lasciando che fosse solo il dettaglio della “rimozione dell’oscurità” la chiave per comprendere il Male, infondendogli così più imprevedibilità, timore, minaccia. Non è stato così. E Lo scontato finale non aiuta.

  I film horror di questo tipo e con certe buonissime premesse, l’ancestrale paura del buio, dovrebbero causare continui ed efficaci salti di spavento e infondere a quell’ansia infantile che noi primitivamente conosciamo nuova linfa e qualche antico significato, legandolo ovviamente a doppio filo con il paranormale. Tutti noi siamo d’accordo sul fatto che il buio, quando è nero come la pece, è inquietante, perché non c’è niente di più spaventoso della nostra mente che riempie quel vuoto ignoto e cieco di mostri che ci osservano. Un’idea che nel film è assolutamente previsa, ma manca, a un certo punto e proprio a causa della spiegazione data, l’incondizionato senso di minaccia. È per questo motivo che il film non funziona. La creatura di tenebra, che letteralmente e metaforicamente prospera nell’ombra, stanca facilmente, anche a causa di elementi usuali in trame di questo tipo.

  Però tranquilli, se un sabato notte foste alla ricerca di un paio di brividi a buon mercato, optate per Lights Out, ne varrà la pena. Anche grazie alla scelta del regista di evitare il più possibile gli effetti speciali CGI e di scegliere invece quelli più tradizionali con l’ausilio e l’esperienza di Mark R. Byers.

  Il direttore delle luci Marc Spicer fa il resto, seguendo le istruzioni di Sandberg che ha deciso di utilizzare quanta più illuminazione autentica per il film, tanto da spingersi a dirigere certe scene a lume di candela o con l’ausilio di deboli tubi fluorescenti.

  Shannon Kemp sfrutta al massimo la stessa casa di Ouija e Ouija – L’origine del male per la scenografia, che per la cronaca ha preso misteriosamente fuoco un paio di mesi dopo la fine delle riprese nel seminterrato.

  Dispiace per il talento delle due protagoniste femminili del cast, Teresa Palmer e Maria Bello, che non sempre viene… beh messo in luce! Senza un cast di questa portata, viene quasi da pensare che sarebbe stato un B-movie.

  In conclusione, come definire Lights Out. Diciamo che è come un giro nella casa degli specchi. Alcune cose faranno tremare i vostri nervi, ma una volta finito presto il percorso vi accorgerete che c’è di meglio.

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