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7/10

10 Cloverfield Lane regia di Dan Trachtenberg

Horror
recensione di Fabio Secchi Frau

Svegliandosi dopo un incidente stradale una giovane donna si ritrova nel seminterrato di un uomo che dice di averla salvata da un attacco chimico che ha reso la zona inabitabile.

  Reduce da una bella maratona di pre-produzione approda anche in Italia questo intelligente film del mistero di Dan Trachtenberg.

 

  Che dire? Trachtenberg ha uno stile di regia asciutto e mai compiaciuto, che sa far udire allo spettatore echi da thriller psicologico alla Alfred Hitchcock (la scena di apertura, con la ragazza che lascia la città per rifugiarsi in una pericolosa campagna, non ricorda un po’quella con Marion Crane nel capolavoro Psyco? ) mischiati a un solido H. G. Wells (tanto caro a Orson Welles), quando ancora era trasposto in radiodrammi ricchi di suspense negli Anni Trenta e Quaranta.

  La sua cinepresa segue con attenzione questo infame e teso gioco al gatto e al topo, creatosi dopo quella che sembra essere la fine del mondo. Seppur poi etichettato come sequel di Cloverfield (2008, era quel found footage sull’invasione aliena a New York, ricordate?), Cloverfield Lane 10 sembra però un suo spin-off, visto che è ambientato in un posto diversissimo da quello in cui la storia aveva preso piede, anche se collocato nello stesso fantascientifico e orrorifico universo. E a ricalcare questa distanza tra i due film, c’è per l’appunto proprio la regia che abbandona l’ormai stra-abusato approccio al found footage e sceglie uno stile classico, che ricorda per inquadrature alcuni vecchi film di genere degli Anni Cinquanta e Sessanta.

  Il risultato è pulito e solido come una roccia fatta di puro intrattenimento, ma visivamente poco accattivante, forse anche a causa di una sceneggiatura che non esplora profondamente i potenziali temi di un plot come questo.

  Riuscirà comunque a farvi stare sulle spine, a porvi domande su chi dice la verità e cosa realmente sta succedendo, prima di svelare la vera natura della pellicola e rigettarvi in una nuova discussione intorno al suo epilogo.

  Josh Campbell, Matthew Stuecken e Damien Chazelle raccontano questo incubo senza retorica, giocando con la prospettiva di una convivenza forzata, in cui però la protagonista (perché noi sapremo solo ciò che lei man mano sa) è all’oscuro di tutto fuorché di se stessa. Ad aumentare il disagio, ci sono ostacoli e conflitti tra i due co-protagonisti maschili, che dominano i dialoghi. Dialoghi che partono solo dopo la presentazione della nostra eroina (si evita così quel fastidioso nonsense con il personaggio che parla di sé a se stesso e ci si affida totalmente alla narrazione visiva), impregnano la parte centrale del film in una montagna russa costituita da lente salite piene di dubbio e discese senza respiro di ansie, per poi svanire di nuovo nella parte finale (che pare abbia fatto arrabbiare molti spettatori).

  Il resto della vicenda si snoda attraverso una serie di sottilissime sottotrame che aumentano gli strati dell’enigma.

  Proprio la storia dello script di Cloverflied Lane 10 è molto interessante. Inizialmente, si era pensato a una sceneggiatura ultra low budget dal titolo The Cellar, ma una volta intuito il suo potenziale, la Paramount Pictures l’aveva immediatamente acquistata per svilupparla ulteriormente sotto la riscrittura di Chazelle (che avrebbe dovuto dirigerla, ma che poi ha rifiutato) e con la supervisione della Bad Robot Productions. Visti i tanti punti tematici in comune con Cloverfield, hanno contattato J. J. Abrams per aiutarli a collocare la seconda pellicola nell’universo dalla prima, rivelazione che (secondo i loro piani) sarebbe scoperta dallo spettatore solo alla fine del film.

  Peccato che proprio la produzione abbia fatto la mossa stupida di dargli il titolo di Cloverfield Lane 10, che da solo vale come spoiler di tutte le loro fatiche narrative.

  Bene i protagonisti: Mary Elizabeth Winstead ha il volto giusto per il suo ruolo, John Gallagher, Jr. regala sfumature romantiche nella sua “invadente” presenza, ma la migliore prova d’attore la offre un John Goodman da pelle d’oca. Un uomo al limite della sanità mentale, che fa dell’ossessione per il controllo la loro fondamentale via di sopravvivenza. Non è palesemente un maniaco (qualcuno pensa anzi che, se onestamente tutti avessero fatto ciò che lui diceva, sarebbe stato il loro salvatore), ma è indubbiamente un freak. È lui il vero grande mistero della pellicola. È il suo ingombrante e burbero personaggio che porta lo spettatore a indovinare verità e bugie. E Goodman sfrutta questa patina di incomprensione e di ambiguità morale per darci una paternalistica performance intelligente, coinvolta in un gioco di imbarazzanti sciarade di buio e furia.

  Elegantemente agghiacciante e spettacolare la fotografia di Jeff Cutter, che ha contribuito alla piacevolezza visiva di questa primigenia saga, quella del Cloververse, destinata a essere ampliata e arricchita da nuovi sequels.

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Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 4 voti.

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forever007 (ha votato 9 questo film) alle 22:18 del 18 settembre 2016 ha scritto:

Per me è un film davvero interessante e fortemente ansiogeno. Il finale riporta il film nel genere fantascentifico del suo "predecessore", però non è troppo disturbante, nel senso che rende il film più vario e "diverso" da altri thriller che hanno come focus il sequestro. La regia promossa a pieni voti e Goodman da urlo.

tramblogy alle 18:21 del 19 settembre 2016 ha scritto:

troppo bello!!!...forse la fine l'avrei impostata con maggior fiato sospeso....ci stava il tipo che ritorna bruciacchiato etc etc