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R Recensione

7/10

Unknown Pleasures regia di Zhang Ke Jia

Drammatico
recensione di Massimiliano Scordamaglia

Storia di ragazzi, storia di periferia, storia di una Cina in crescita esponenziale che ancora non sazia il bisogno di vita dei suoi figli.

Divisi tra sogni di cinema e realta' opprimente, i protagonisti cercheranno qualcosa senza sapere bene cosa.

La Cina deve essere una gigantesca, sterminata, incommensurabile provincia attorno ad un centro minuscolo e pesantissimo, un puntino dalla forza gravitazionale di migliaia di stelle ammassate che alla fine trascinera’ in se’ tutto quanto ma per ora si assiste ad uno scivolare lento ma esponenzialmente accelerato o cosi’ almeno sembra a giudicare dalla visione che in larga misura ne danno i cineasti cinesi.

Girato in soli 19 giorni esclusivamente in Digital Video non per necessita’ artistiche, quanto economiche in anni in cui il governo ancora non finanziava il suo cinema, Jia Zhang-ke trovo’ i fondi necessari in una coproduzione Francia, Cina, Sud Corea e Giappone, quest’ultima nazione rappresentata da Office Kitano del sempre grande Takeshi.    

Soldi o non soldi l’effetto documentario funziona nelle immagini compresse ed interlacciate, nei colori sbiaditi, nella luce sovraesposta, involontaria metafora della vita degli scalcinati protagonisti, giovinastri in questo molto occidentali, che poco fanno e molto vogliono, ragazzette appena elette "miss del quartiere" e gia’ per questo legittimate a proiettarsi nello star system.    

Novelli "Nando Mericoni" che sanno tutto dell’America dai film di Tarantino ma con l’entusiasmo esistenziale di Brassen e della "scuola genovese", si aggirano per sobborghi polverosi e pasoliniani, paesaggi lunari che se ripresi da europei sarebbero tropo esistenziale, da un cinese invece la cruda rappresentazione delle provincia senza troppe interpretazioni.

Cinesi in canottiera d’ordinanza per serata dal cocomeraio, gioiscono nel 2002 per le assegnate Olimpiadi del 2008 e nello squallore sepolto dalla polvere, felicita’ forse indotta da qualche editto del comitato centrale o forse un sincero bisogno di vittoria fuori dall’ordinario nella ricerca di un boom economico che anche a loro cambi la vita.   

Jia sino ad oggi mi e’ sempre piaciuto e con questo film non fa eccezione perche’ ancora una volta si dimostra un cineasta nato con un incredibile istinto per il movimento di camera e nelle vene il giusto ritmo col quale non spreca e non aggiunge nulla che non sia strettamente necessario.

Lunghe sequenze e pochi tagli, non sappiamo quanto ci sia d’improvvisato e quanto di meditato ma la resa complessiva e’ davvero molto buona.

La periferia cinese del 2000 e’ come l’Italia del 1950?

Temo per loro di si, non tanto ora quanto per il futuro che li attende; per noi un ucronico godibilissimo viaggio.

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