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R Recensione

7/10

Vento di Terra regia di Vincenzo Marra

Drammatico
recensione di Pasquale D'Aiello

Enzo ha sedici anni e vive nel quartiere napoletano di Secondigliano. In seguito alla morte del padre, il ragazzo si dà da fare per aiutare la famiglia e spesso si trova a dover fronteggiare situazioni che mettono a rischio la sua integrità perché è un ragazzo "senza paracadute". Non c'è chi può aiutarlo a sopportare i colpi che la vita continua a dargli e solo la sua grande determinazione può permettergli di conservare la dignità sua e della sua famiglia all'interno di un quartiere che è un mondo a parte, con le sue leggi e i suoi codici.

 

Chi conosce il mare sa che il vento di terra non perdona, qualsiasi incidente avvenisse al largo e’ impedito il ritorno a terra, se non a braccia. Con quel vento non si esce a meno che non si sia costretti, come i pescatori di Verga che la poverta’ induce a rischiare piu’ del lecito. Anche questa e’ una storia di uomini e donne alla deriva.

Storia di un’umanità stretta da una terra che induce all’azzardo e un mare che lo punisce, un’umanità costretta a sperare per sopravvivere ma a cui sono state negate occasioni reali di riscatto. Enzo e’ un ragazzo, vive con la famiglia a Secondigliano, nella periferia degradata di Napoli. Per lui niente scuola, solo un lavoro da aiutante fabbro. Il padre, masticato da una vita difficile, a cinquant’ anni ne e’ sputato, perde il lavoro, la speranza che lo teneva in vita. Per Enzo non restano che due strade: la criminalità e l’esercito che a volte possono diventare la stessa ma con nomi diversi.

Rifiuta la prima per quel senso di pudore che solo i poveri sanno avere. Diventa un militare. Alcune menti criminali (di guerra) lo spediscono nel Kosovo, lì si ammala a contatto con i proiettili all’uranio impoverito. La sua vita è la metafora di una classe che ha sempre vissuto solo del proprio lavoro e questo le è sempre bastato per progredire. Ora ciò non è più possibile, il lavoro è degradato a sottoprodotto finanziario, a variabile dipendente del capitale, umiliato dall’arroganza dei potenti che si ammantano di qualunque veste (progresssisti, guerrieri umanitari, intellettuali) pur di imporre il proprio dominio.

Gli attori di questo film, presentato a Venezia 2004, sono tutti non professionisti (ad eccezione di Francesco Giuffrida) e dalla loro recitazione arriva il senso di sofferenza della loro classe e di dignita’ della loro umanita’. I fondali che Secondigliano offre al film sono cosi’ espressivi da sembrare ideologici. Gli stessi fondali offerti a Rosi in Mani sulla città, abitati da un’umanita’ ancora troppo fragile.

“…vorrei chiedere a colui che governa la pace e la guerra sulla terra tra l’umanita’ quanti anni ancora da passare prima che quest’uomo si possa riposare troppo sangue scorre ancora per le strade troppi uomini ancora imprigionati troppi uomini ancora incatenati al ritmo del lavoro e del sudore sole quando sorgerai su di me su di noi?”

(Almamegretta)

“…. Chi po’ dicere dimane vengo

E aspiette tutta ‘na vita

E t’accuorge ca nun aje capito…”

(Pino Daniele)

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