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7/10

A Fantastic Woman regia di Sebastian Lelio

Drammatico
recensione di Enrico Cehovin

 

Marina (Daniela Vega) ha una relazione con Orlando (Francisco Reyes), uomo sposato molto più grande di lei. Dopo la morte del compagno la vita di Marina viene completamente stravolta.

 

Se c'è una cosa che Sebastián Lelio ha dimostrato nel 2013 con Gloria è di saper perfettamente inquadrare i suoi personaggi femminili. Far vivere Gloria, donna di mezza età in crisi ma ancora viva,  delusa ma non sconfitta, malinconica ma ancora energica, valse a Paulina García, l'attrice che la impersonava, il premio per la miglior interpretazione femminile al 63° Festival di Berlino.

A Fantastic Woman, il nuovo film del regista cileno presentato in concorso alla 67ª Berlinale, riconferma questo suo talento.

È la storia di Marina (Daniela Vega), giovane avvenente ragazza, cameriera di professione, cantante lirica per passione, innamorata del suo compagno Orlando (Francisco Reyes), di vent'anni più vecchio di lei, con cui convive. All'imprevista e improvvisa morte di Orlando si ritrova a dover lottare per i suoi diritti e per la sua identità. La polizia, che sospetta la morte sia avvenuta in seguito a una colluttazione, la ostracizza e la famiglia del defunto la ostacola e le impedisce di partecipare alla commemorazione funebre, in particolare la moglie di lui che non ha mai digerito di essere stata lasciata e ha a stento ammesso la sua esistenza. Marina però è una ragazza forte, come dimostra simbolicamente nel colpire vigorosamente il suo punching ball appeso a casa; allo stesso tempo Lelio la inquadra in macchina alla guida mentre ascolta "(You Make Me Feel Like) A Natural Woman" di Aretha Franklin all'autoradio, esattamente come inquadrava Gloria nel suo film precedente, accomunando e a sottolineando la loro comune malinconia.

Ma proviamo a fare un passo indietro: e se la nuova figura femminile portata sullo schermo da Lelio non fosse una donna? O meglio, nella mente sì, ma nel corpo non lo fosse sempre stata?

Marina porta ancora con sé alcuni tratti virili che Lelio alterna continuamente nell'evidenziare e nel nascondere: risulta ora più mascolina, ora più femminile, ora più rude, ora più delicata, cammina sgraziatamente come un maschiaccio ma accarezza dolcemente come una fanciulla.

Marina, o David, come ancora riporta la sua carta d'identità, non ha nessuna difficoltà a non farsi notare nella sauna divisa in zone tra uomini e donne; le basta semplicemente spostare l'asciugamano ora avvolto dal bacino in giù ora attorno al seno per non dare nell'occhio e non essere notata come fuori luogo nemmeno dallo stesso addetto della sauna a cui chiede informazioni.

Marina è una transgender che non lotta per gli averi ma lotta per gli affetti, non lotta per l'automobile o per l'appartamento che restituisce senza esitazioni ma lotta per il cane a cui è legata e a cui vuole bene.

Daniela Vega, l'attrice transessuale protagonista, fornisce nella sua interpretazione straordinaria un apporto fondamentale nella creazione del personaggio almodovariano di Marina, una creatura a cavallo tra i due sessi, una combattente in grado di essere pienamente donna conservando la forza per essere se stessa. Perché la sua natura condivisa, come sottolinea Lelio nel lungo carrello finale, è una questione di inquadratura.

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