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6/10

Un ragazzo d'oro regia di Pupi Avati

Drammatico
recensione di Fabio Secchi Frau

  Davide, creativo pubblicitario, sogna di diventare scrittore ma, non riesce a farsi pubblicare e questo non fa altro che aumentare le sue insicurezze. Solo dopo la morte di suo padre, uno sceneggiatore, e solo dopo essersi messo in contatto con una editrice interessata a un'autobiografia del padre, Davide decide di tentare l'intentabile: scrivere lui il libro che suo padre avrebbe dovuto scrivere. Il tutto, però, non senza inciampare nel dolore materno per la recente scomparsa, nell'impotenza della sua fidanzata Silvia, nel fascino sessuale esercitato dall'editrice Ludovica e, soprattutto, nel confronto con suo padre.

   Pupi Avati è fra quei pochi registi della nostra contemporaneità italiana che non ha una fisionomia stilistica ben riconoscibile e, tuttavia, ogni volta si rende disponibile al cambiamento e alla sperimentazione dei generi e, questo fa di lui uno dei primi nomi da fare fra gli Autori italiani viventi di serie A.

  Nella sua lunga attività di regista, iniziata negli Anni Settanta con Balsamus – L’uomo di Satana, ha esplorato via via le regioni della commedia dolceamara, dell’horror provinciale e del dramma, seguendo qui è lì la grande storia oppure le dinamiche galattiche di alcuni rapporti familiari, cambiando radicalmente il fuoco della prospettiva e il calibro della narrazione ma, mantenendo sempre viva attenzione verso quello che si potrebbe definire un trattamento ”orrorifico” della quotidianità e questo è più che evidente nella sua ultima fatica cinematografica, Un ragazzo d’oro, che fa pensare a un’intima microstoria in cui un bravo ragazzo che accetta di compiere un sacrificio in nome di una piccola fetta di società che apparentemente lo circonda, in nome di una famiglia disossata e di un’affettività smembrata da riassemblare.

  Davide, ben interpretato da Riccardo Scamarcio, è il ragazzo d’oro del titolo, figlio di uno sceneggiatore cinematografico, che però, nonostante svolga il lavoro di creativo pubblicitario, sogna di fare lo scrittore. Sogno che rappresenta il primo fra i tanti momenti fusionali fra lui e il suo defunto padre e che lo spingeranno, in quella che è una difficile impresa: scrivere l’autobiografia del padre spacciandosi per lui. Un lavoro di ventura, a tratti nobile, ma senza dubbio un’azione che ha dell’intrepido e dell’ardimentoso per un ragazzo che è sempre più sfiduciato verso se stesso e che vive una vita “scoordinata” rispetto alla vera vita che vorrebbe, anche nella sfera amorosa. E dunque, eccole, tutte insieme queste emozioni che travolgono una a una il personaggio in un misto di combattimento, senso di furto, possesso e infallibile innamoramento paterno. E poco importa se nel suo cammino, incontra una nuova creatura, una rapinosa editrice interpretata da una misurata Sharon Stone (qui mal doppiata dall’attrice e conduttrice Jane Alexander, invece che dalla solita e azzeccatissima Cristiana Lionello), che ben poco si cura della vera natura di risentimento del rapporto fra padre e figlio, ma che fa maturare e affinare lentamente nel protagonista un sentimento ambivalente e tortuoso di competizione, prima con la figura paterna e poi con la sua fidanzata (Cristiana Capotondi) per il monopolio del suo cuore.

  E poi c’è il tema dell’identità del padre, la vera natura umana di una figura di riferimento nella propria vita che esige di essere chiarita e che è il finto filo conduttore della storia. All’inizio del film, la cinepresa si incentra principalmente sul piccolo mondo di Davide, con inquadrature scrupolose, dettagliate, in un puro stile intimista, ma solo successivamente, quando il film si infittisce, ritroviamo il modus operandi di Avati, quello che si fonda principalmente su un montaggio secco, cinico, senza troppi fronzoli e su riprese tipiche del genere horror… Ed è nel momento in cui si incontrano che si crea una sorta di sensazione di bellezza, di imponenza privata per un racconto che viene lanciato verso lo spettatore come fosse una sfida, un enigma da risolvere, migliorare il presente affrontando le distorsioni del passato, con il loro strascico di ricordi ben differenziati e di emozioni raramente condivise, che entrano in campo aperto, per essere affrontate.

  Accanto a questa regia, che è una fitta schiera di immagini ben precise, slittano una serie di personaggi ben precisi e nitidamente caratterizzati a partire dalle loro abitudini o dai particolari: una sofferta madre (Giovanna Ralli) o una saggia fidanzata con un amore ancora da coltivare e in trepidazione e altre fragili comparse, perennemente sospese, così poco umane a tratti, che sembrerebbero figure marginali, e non lo sono, perché affilate una ad una, nelle loro battute, come una lama.

  Nessuna pietà nella fotografia che indurisce i volti, carichi di acredine e rancore. Le luci diventano un ulteriore elemento caratterizzante nella rappresentazione di questa partita che si gioca fra un vivo e un morto e che consiste in un processo di fascinazione, vale a dire in quel richiamo cupo e forte che agisce in ognuno di noi, indirizzandoci, a nostra insaputa, a diventare simili a chi ci ha messo al mondo.

  Così il disordinato universo di Pupi Avati trova un altro definitivo e paradossale tassello, sottolineando quanto questo autore riesca a scoprirsi capace di allucinazioni drammatiche che hanno il potere di far uscire lo spettatore fuori da se stesso… E il campo di battaglia, la scrittura, si trasforma gradualmente in una virtù, in un infiltrarsi serrato all’interno di una molteplicità di retropensieri e sollecitazioni emotive, in un territorio in penombra in cui forse, sarà possibile deporre le armi e vivere un futuro di pace.

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alexmn alle 4:33 del 15 novembre 2014 ha scritto:

mi sarei quindi perso un capolavoro di avati al cinema? mmm...mi riservo di vederlo, ma ho dei grossi dubbi sul giudizio...

alexmn alle 21:13 del 15 novembre 2014 ha scritto:

ah ok, il voto è cambiato. 10 mi sembrava davvero troppo alto, soprattutto in relazione a quanto scritto

alejo90 alle 11:07 del 16 novembre 2014 ha scritto:

hehe sì c'è stato un errore!