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7/10

Puccini e la Fanciulla regia di Paolo Benvenuti, Paola Baroni

Drammatico
recensione di Giulia Bramati

Torre del Lago, 1908. Una serie di equivoci porta Elvira, la moglie di Giacomo Puccini, a credere che il marito abbia una relazione con Doria, la loro cameriera. La situazione diventa sempre più difficile.

Qual è il miglior modo per celebrare il 150° della nascita di Giacomo Puccini? Il regista Paolo Benvenuti, avvalendosi della collaborazione della moglie Paola Baroni, ha reso omaggio al musicista portando alla luce una vicenda intima e misteriosa, in cui l'uomo rimase suo malgrado coinvolto. Un equivoco spinge Elvira, la moglie di Puccini, a sospettare che il marito abbia una relazione con Doria, la loro cameriera; ferita nell'orgoglio, Elvira sfrutta la sua posizione sociale superiore rispetto a quella della povera ragazza per infliggerle umiliazioni. La giovane cameriera, incapace di reagire, finisce per suicidarsi.

Dopo un'accurata ricerca durata sei anni, condotta insieme agli studenti della Scuola di Cinema del Comune di Viareggio, Benvenuti è riuscito a risalire alle motivazioni che portarono la cameriera Doria Manfredi al suicidio e ne ha tratto il soggetto per il suo ultimo film.

Per rendere la musica vera protagonista dell'opera, il regista ha compiuto un lavoro di sottrazione della parola, sostituita con le composizioni del musicista: i dialoghi sono pressoché inesistenti, al loro posto intervengono sguardi, rumori di sottofondo, musiche. Il regista, addirittura, ha voluto dirigere gli attori utilizzando un metronomo, in modo tale da poter creare un ritmo, che si accordasse perfettamente con la partitura musicale. La sceneggiatura includeva molti brani musicali di Puccini, rielaborati per pianoforte.

Il soundtrack privato delle parole, diviene protagonista assoluto dell'opera: la musica accompagna lo spettatore nel gioco di equivoci e crea la tensione drammatica necessaria per comprendere lo stato d'animo della protagonista Doria.

Il significato delle azioni non è veicolato, dunque, dai dialoghi, ma da tutti quegli elementi formali che solitamente nel cinema sono trascurati: con l'avvento del sonoro nel 1927, il cinema ha perso qualità per certi aspetti. Il cinema muto era una forma di espressione autonoma e universale, il sonoro ha tolto l'universalità del linguaggio; il rapporto tra immagine e ritmo è diventato il rapporto tra immagine e parola, ha spiegato Benvenuti.

È necessario un recupero di quelle qualità che negli anni sono state sempre più trascurate, come il rigore della fotografia, troppo spesso dimenticato: il ritmo può essere creato non solo dai dialoghi, ma anche dalla geometria dell'inquadratura. Il cinema contemporaneo tende a sopravvalutare il contenuto rispetto alla forma, ciò che il regista vuole mostrare con “Puccini e la fanciulla” è che anche la forma è determinante all'interno di un film, perché può farsi portatrice di significati, che non potrebbero essere espressi a parole.

L'idea di Benvenuti e Baroni è originale e molto interessante, la ricerca da loro compiuta merita attenzione. Purtroppo, però, in alcuni momenti del film, l'assenza di dialogo comporta delle forzature, che lo spettatore fatica a giustificare: per esempio, quando Elvira crede di aver sorpreso il marito con l'amante, i due si incontrano e la furibonda lite che avremmo avuto in un film dialogato si trasforma in una successione di gesti poco credibili.

Un altro problema che comporta l'assenza di dialogo è certamente una poco sentita partecipazione emotiva: lo spettatore non riesce ad identificarsi con i personaggi che si trova di fronte e non prova empatia nei loro confronti; persino il suicidio della cameriera viene osservato con freddezza, perché negli 84 minuti di film non si sono create le situazioni adatte a coinvolgere emotivamente il pubblico.

Nonostante questi piccoli difetti, il film è ben strutturato e raggiunge un buon livello artistico, grazie soprattutto alla fotografia maniacalmente perfetta. A cinque anni dall'uscita, “Puccini e la fanciulla” non è ancora stato distribuito nelle sale cinematografiche italiane; fortunatamente, in molti stati europei ed extraeuropei, alcuni distributori ne hanno riconosciuto il valore culturale e ne hanno acquistato i diritti per la distribuzione.

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