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R Recensione

8/10

Melbourne regia di Nima Javidi

Drammatico
recensione di Lorenzo Ceotto

Amir (Payman Maadi) e Sara (Negar Javaherian) stanno svolgendo gli ultimi preparativi in vista dell’imminente partenza per Melbourne, dove prevedono di trascorrere un periodo per affinare i propri studi. Nelle poche ore che li separano dal volo, fra bagagli, vicini in visita e rigattieri pronti a smantellare l’appartamento, essi si apprestano alla partenza. Nel frattempo però, in casa con loro c’è un ospite, una piccola bambina di pochi mesi, la figlia dei vicini, che la tata, impegnata in alcune commissioni impreviste, ha lasciato loro in affido per qualche ora. Nel procedere dei preparativi fra continui squilli di telefono e campanelli ridondanti,  si sviluppa un evento drammatico che potrebbe sconvolgere per sempre le loro vite.

Melbourne è il primo riuscitissimo lungometraggio di fiction di Nima Javidi, autore iraniano classe 1980, che dal 1999 ad oggi ha prodotto due documentari, sei cortometraggi ed oltre trenta spot pubblicitari per la televisione. In questa sua ultima opera non manca di certo la tensione, la condizione ansiogena accompagna lo spettatore per tutto lo sviluppo del film. Ambientato quasi totalmente all’interno di un appartamento, il film trascina lo spettatore nei fatti e negli animi dei protagonisti, in un viaggio angosciante, claustrofobico e sul filo del rasoio. L’atmosfera che si respira rimanda molto ai toni hitchcockiani di “Cocktail per un cadavere”.

Il film si regge fortemente sui personaggi di Amir e Sara, sulla crescente disperazione che invade i loro volti, certificando l’ispirazione impeccabile di due interpreti assolutamente in grande spolvero. Maadi ci aveva già abituato a performance d’alto livello, si pensi a Una separazione di Farhadi, film da cui Melbourne sembra attingere a piene mani. Una pellicola che gioca tutta sulla suspense e che al tempo stesso fa perno su temi centrali forti e cinematograficamente “ancestrali”, come la colpa, il rimorso e il coraggio, che vengono riproposti in un equilibrio diegetico ottimale.

Sull’asse verità e menzogna, e sulle giuste scelte repentine che ci porta a fare la vita, poggia il cuore del film, che fa leva sul compromesso a cui può scendere un essere umano, seppur buono, per difendere se stesso, il suo interesse, il suo futuro. Tutto questo al costo di tradire il proprio animo e sprofondare nel rimorso più assoluto. Perché, come sembra suggerirci la storia, niente è certo, la nostra esistenza, come quella di Amir e Sara sono in balia del caso. L’unica certezza è il carattere casuale degli accadimenti e l’incertezza delle nostre esistenze. L’imprevedibilità dell’essere e dell’agire umano sono componenti tanto affascinanti quanto terribili della natura umana che in questo film hanno una collocazione fondamentale. Proprio su questo tema il regista sembra fare breccia, con un’opera densa ed al contempo essenziale che ci dimostra, ancora una volta, la brillantezza e la sapiente precisione in fase di scrittura del cinema iraniano contemporaneo.

Javidi, in quest’opera, dimostra di prendersi molto a cuore i suoi due protagonisti ed i loro destini, pedinandoli con la macchina da presa all’interno di quell’appartamento che si fa sempre più angusto e documentando la trasformazione dei loro volti e il cortocircuitare dei loro animi, offre allo spettatore molti interrogativi e spunti di riflessione. Su tutti uno riguarda il futuro e come possa proseguire la loro relazione, il loro amore, dopo che le loro esistenze sono state sono state destabilizzate dal dramma. Laddove l’imprevedibile di Amir e Sara è anche l’imprevedibile del nostro quotidiano, quando un evento drammatico piomba sulle nostre esistenze e le nostre percezioni sbaragliando ogni certezza, in cui, probabilmente, solo la consapevolezza di sé e della propria natura deducibile da certi eventi, rappresenta il vero valore aggiunto da fare proprio per un futuro migliore.

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