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R Recensione

7/10

Reality regia di Matteo Garrone

Drammatico
recensione di Marta Satta

Inizia come se fosse una favola, con tanto di carrozza e cavalli bianchi, la storia di Luciano, pescivendolo napoletano che durante le feste si diverte a intrattenere amici e parenti con diversi travestimenti. Convinto dalla famiglia l'uomo decide di fare il provino per il Grande Fratello. Luciano passa il turno: bisogna fare il provino, quello "vero", quello decisivo, a Cinecittà . "E' stata una cosa troppo bella" racconta Luciano alla moglie appena uscito dal colloquio. I responsabili del programma non chiamano, ma lui ormai è convinto: presto lo contatteranno e ed entrerà  nella tanto sognata casa.

C'è un' inquadratura bellissima all'interno di Reality, ultimo film di Matteo Garrone. E' quella in cui, al tramonto, Luciano, il protagonista, travestito da donna con una parrucca blu tiene in braccio la figlia e insieme guardano con aria sognante lontano, fuori campo. Potrebbero guardare qualsiasi cosa con quello sguardo: la moglie e madre della bimba che sorride a entrambe, un panorama della loro amata Napoli, gli sposi del matrimonio a cui sono invitati. E invece no. Con quello sguardo sognante Luciano e sua figlia guardano Enzo, l'ultimo uscito dalla casa del Grande Fratello. L'essenza del film è tutta qui: è attorno alla Televisione (si, in maiuscolo) che ruota l'esistenza di questa povera gente che Garrone decide di farci conoscere. Il regista si infila con naturalezza all'interno della vita della famiglia di Luciano, famiglia pacchiana, un po' barocca e un po' verghiana, in forte contrasto con la delicatezza registica con cui Garrone filma le scene, senza fronzoli o insensata ricerca estetica. L'ossessione televisiva di Luciano è raccontata attraverso i suoi intensi primi piani, quegli sguardi sognanti che all'inizio un po' ci fanno sorridere ma che poi creano quel forte senso di angoscia. Lo stesso senso di angoscia che è capace di creare The Truman Show di Peter Weir? Il paragone è inevitabile visto l'argomento, ma quella è un'altra storia, un'altra angoscia, più simile a quella descritta, non agli stessi livelli, ma pur sempre bene, nel film Superstar di Xavier Giannoli, presentato in concorso a Venezia 69. Qui non è la Televisione a creare una storia su Luciano, è Luciano che crea la sua stessa storia. E' lui a credere che la Televisione lo stia cercando, lo stia seguendo. Una vera e propria divinità  che lo mette alla prova, tanto che la moglie per tentare di liberarlo lo porta in chiesa, quasi fosse posseduto. La supremazia di questa entità  che è la Televisione all'interno del film impedisce però al regista di soffermarsi sulla personalità  del protagonista: a tratti risulta una macchietta, un burattino nelle mani della famiglia prima, e della Televisione poi. E' questo uno dei pochi punti negativi del film, a cui se ne lega un altro: Garrone non rinuncia a fare denuncia sociale ma la micro storia della truffa dei robotini da cucina non regge, e a tratti sembra infilata lì senza un vero perchè. Premiato a Cannes con il Gran Premio della Giuria, il film non è ai livelli del precedente Gomorra, forse anche a causa del soggetto scelto per i due film. Troppo forte il tema di Gomorra e troppo abusato ultimamente il tema di Reality per fare un vero e proprio paragone tra i due. Tuttavia, Garrone non delude e si dimostra sempre il regista di alto valore qual è.

V Voti

Voto degli utenti: 7,9/10 in media su 8 voti.

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Marco_Biasio (ha votato 7 questo film) alle 19:54 del 19 ottobre 2012 ha scritto:

Generalizzando un po', mi trovi d'accordo. Non è un film eccezionale, anche perché il tema è un po' usurato dal continuo riciclo. Però è credibilissimo lo scenario che costruisce Garrone attorno alle vicende del protagonista (che bravo Aniello...) e devastante la resa psicologica dei personaggi, che sono un po' grottesco iperrealismo à la Ciprì e Maresco (la fisicità imponente, fin troppo, che si riflette inconsciamente nel carattere) e un po' borgatari - anzi, visto la città, "spagnolari" - pasoliniani. La discesa nella follia di Luciano viene seguita con grande attenzione e distacco, amplificandone di fatto gli effetti, e bellissime sono tutte le scene in cui compare almeno un simbolo religioso, impastato nella realizzazione o pietra portante dell'inquadratura: la madonna slavata che trascina via Michele dopo che Luciano ha venduto la pescheria, il rosario delle vecchie interrotto a metà, la messa di preghiera e penitenza per chiedere la guarigione mentale del protagonista, l'angelo bronzato che i disoccupati si portano via da casa di un Luciano surrealisticamente pauperistico, la via crucis del venerdì santo da cui Luciano scappa per penetrare nella casa del grande fratello, soprattutto il dialogo tra Luciano e le due donne nella stanza dei loculi (dove la "casa" televisiva e massmediatica si sovrappone per un misunderstanding alla "casa" celeste, al paradiso). Ed un po' il grande fratello è (stato) davvero il paradiso di Luciano, a giudicare almeno dall'atmosfera candida e asettica, illuminata innaturalmente, in cui Garrone lo lascia sul finire. Egli non viveva più che per quello, lo ammette lui stesso a metà film ("non ho mai avuto uno scopo nella vita") e quest'ossessione è un chiodo che ricorda, metartisticamente e diacronicamente, il rapporto para-amoroso di Akakij Akakijevič con la sua "mantella" in Šinel', di Gogol'. Giusto staccare così, senza un dopo. Perché forse, nel cervello di Luciano, non ci sarebbe stato davvero posto per il "dopo". Nemmeno sua moglie, pur devota fino alla sottomissione, crede infatti che la sua patologia passi col passare del programma. E la televisione medium si è così fusa con la vita reale da non poter più rendere così semplice il distinguo tematico. Brava Marta...

Marco_Biasio (ha votato 7 questo film) alle 19:55 del 19 ottobre 2012 ha scritto:

A proposito, la scelta della .jpg di scena è voluta? Perché la locandina del film, volendo, esiste...

Martlina, autore, (ha votato 7 questo film) alle 19:09 del 22 ottobre 2012 ha scritto:

Grazie mille! Purtroppo l'immagine è quella perché non son riuscita a caricare la locandina e ho messo l'immagine disponibile in imdb!

misterlonely (ha votato 7 questo film) alle 1:54 del 26 ottobre 2012 ha scritto:

Le ambizioni registiche di questo film sono enormemente più alte di quelle narrative. La tesi secondo cui la televisione rende il popolo stupido è un po' poca cosa per riempire due ore di film. Al di là di tutto però Reality è un bellissimo film anche solo per il fatto di aver creato delle immagini inedite e per certi versi indimenticabili.