Bella Addormentata regia di Marco Bellocchio
DrammaticoQuattro storie, con in sottofondo gli ultimi giorni di vita di Eluana Englaro. Un senatore deve scegliere se votare per una legge che va contro la sua coscienza o non votarla, disubbidendo alla disciplina del partito, mentre sua figlia Maria, attivista del movimento per la vita, manifesta davanti alla clinica dove è ricoverata Eluana. Roberto, con il fratello, è schierato nell’opposto fronte laico. Un “nemico” di cui Maria si innamora. Altrove, una grande attrice cerca nella fede e nel miracolo la guarigione della figlia, da anni in coma irreversibile, sacrificando così il rapporto con il figlio. Infine la disperata Rosa che vuole morire, ma un giovane medico di nome Pallido si oppone con tutte le forze al suo suicidio.
Quando un film lascia l’amaro in bocca. Attorno a La Bella Addormentata di Marco Bellocchio si è scritto tanto nei mesi scorsi, ancora prima di vedere i suoi fotogrammi scorrere, comprendere il suo iter narrativo, toccarlo con mano. Si è parlato, per partito preso, di un film scandalo: una pellicola che affronta, alla luce dell’annoso caso di Eluana Englaro, un tema – quello dell’eutanasia, o omicidio assistito o libero arbitrio sulla morte, dipende quale sia il proprio punto di vista – che avrebbe fatto discutere, avrebbe mosso gli animi, avrebbe riportato il tema in auge nella nostra agenda setting, offerta dai telegiornali o dai tanti talk show che affollano la nostra televisione.
Eppure, guardando La Bella Addormentata, la prima sensazione a pelle è quella di grande confusione, sia a livello narrativo sia a livello tematico. Confusione, dovuta ad una scelta narrativa corale poco strutturata: quattro storie, di cui solo due di queste si intrecciano, dai toni vistosamente opachi, caricate talvolta di una recitazione molto sopra le righe, con attori che ciarlano di eutanasia (senza mai pronunciare la parola magica), attraverso frasi e discorsi fatti piuttosto stucchevoli. Tralasciando storie e personaggi, come quello esaltato ed esagitato interpretato da Isabelle Huppert, che sul finale cita persino Lady Macbeth, intenta a pulirsi e sfregarsi le mani dal sangue, l’unica storia degna di nota – e carica, al contrario, del vero spirito bellocchiano dei migliori tempi, tanto da far credere di essere di fronte ad un’altra pellicola – è quella che vede protagonisti Toni Servillo e Alba Rohrwacher. Senatore del PDL, vedovo e padre di una ragazza credente in viaggio verso la clinica La Quiete di Udine (dove si è spenta Eluana), il personaggio di Servillo si fa portavoce di quella contraddizione interna tipica dell’essere umano di fronte alla morte. E Servillo, attore anche questa volta impeccabile, ci regala uno dei monologhi più intensi dell’intero film, dove, dismessi gli abiti della sua figura politica e dell’Istituzione che rappresenta, riflette con umanità sulla difficoltà dell’essere umano a prendere confidenza con la morte, oggetto per noi da sempre di grande mistero e paura. Paura del dolore, paura della sofferenza.
Ma non basta la grande prova attoriale dell’interprete napoletano a rendere efficace un film come La Bella Addormentata, seppur non manchino atmosfere surreali di grande effetto – si pensi ai senatori romani, in attesa della discussione alla Camera del caso Englaro, ritratti in ammollo in un calidarium – dove la firma di Bellocchio appare più evidente che mai. Dopo circa due ore di narrazione, il tema eutanasia, tanto conclamato, sembra evaporare, affossarsi, lasciando spazio piuttosto a tematiche come il difficile rapporto genitori-figli con in background il tema della morte (che sia di un genitore o di un figlio), o la misericordia, come quella di un medico che tenta di offrire ad una donna allo sbando una seconda occasione, una rinascita (come nell’episodio che vede protagonisti Maya Sansa e Piergiorgio Bellocchio).
La domanda sembra venire da sé: Bellocchio voleva davvero portare avanti un polverone su un tema così caldo? O le coscienze, in alcuni casi un po’ “sporche”, che hanno cavalcato il caso di Eluana Englaro per riflettere l’annosa questione del “testamento biologico”, hanno riletto a proprio uso e consumo una pellicola che, invece, vuole raccontare tutt’altro? Ed è forse da qui che deriva l’amarezza e la confusione su La Bella Addormentata: abbiamo voluto plasmare e leggere un film con intenti forse diversi da quelli scelti dal regista piacentino, argomento – forse – per cui non siamo ancora pronti.
E vista l’attualità, forse, non lo saremo mai.
Perchè è l'Italia ad essere la vera Bella Addormentata.
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