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R Recensione

2/10

Rasputin regia di Louis Nero

Drammatico
recensione di Fulvia Massimi

19 Dicembre 1916. Nei sotterranei del palazzo del principe Feliks Jusupov si consuma il complotto ai danni di Grigorij Efimovic Rasputin, odiato e temuto dalle alte sfere di governo per la sua influenza sugli zar. Al ricordo di quella notte si sovrappongono le tappe che trasformarono il "santo-demonio" da semplice contadino a leggenda.

Dopo aver affrontato le potenzialità dei supporti digitali con Golem (interamente realizzato in Digital Betacam) e del piano-sequenza con l'omonima pellicola del 2005, il regista torinese Louis Nero si volge verso nuovi orizzonti di sperimentazione estetica ed espressiva, coniugando docu-drama e intento pittorico per rivisitare (in chiave filologicamente corretta) la vera storia di Rasputin, monaco-contadino che seppe conquistare i favori degli zar (e l'odio della corte) grazie ai suoi poteri taumaturgici.

Lavorando attraverso scatole e piani temporali, Nero aspira a sviluppare in parallelo forza estetica e narrativa, rifacendosi al pittorialismo di Greenaway e all’iconografia di Caravaggio e Rembrandt, utilizzando quello che Antonio Costa definirebbe “effetto Lambicchi”: la capacità del medium cinematografico di animare tanto le immagini del reale che quelle pittoriche (in questo caso le icone russe, che prendono vita attraverso “finestre” da cui i personaggi si rivolgono direttamente allo spettatore, come quadri viventi).

Avvalendosi di “interessanti e rarissimi documenti”, Nero va alla ricerca della verità espressa dalla tag-line, mettendo in dubbio la figura demoniaca di Rasputin così come ci è stata tramandata e aspirando piuttosto a restituirne il ritratto simbolista nel senso cristologico del termine: Rasputin, dunque, come uomo in lotta contro se stesso, mortificato nella carne e nello spirito per resistere alle tentazioni che lo affliggono e raggiungere, non a caso, a trentatré anni, lo status di Novyj, “l’Uomo nuovo”.

Il risultato è un maldestro pastiche, o meglio, un vero e proprio pasticcio, basato su una sceneggiatura confusa (firmata dallo stesso regista), mal interpretato e alla lunga irritante, con didascalie esplicative che trattano lo spettatore come un cretino e una continua, logorante ricerca del quadro nel quadro (ben lontana dall’intrigante riflessione artistica de I misteri del giardino di Compton House).

Il lavoro recitativo procede per (eccessiva) sottrazione (di talento), proponendosi “ipnotico” ed “ectoplasmatico” nel rappresentare personaggi che “appaiono e scompaiono”. E magari scomparissero del tutto! Francesco Cabras ha il volto adatto per incarnare il mefistofelico (ma non alchemico né tantomeno occultista) Rasputin ma la sua performance ha il solo pregio di infondere un quid di espressività in più ad un cast che ne sembra totalmente sprovvisto. Il doppiaggio di Francesco Pannofino (ormai massimo esperto di attori-cani, dopo le tre stagioni di Boris e film omonimo) cerca, come può, di aggiustare il (docu)dramma, mentre Franco Nero (anche produttore esecutivo) presta la propria voce narrante tanto alla versione italiana che a quella inglese (al Festival di Los Angeles il film ha riscosso “grande successo”) ma il suo intervento non è niente più che un mero commento da documentario descrittivo.

Unica menzione d’onore alla colonna sonora firmata da Teho Teardo (già collaboratore di Molaioli ne La Ragazza del Lago e Il Goiellino e al suo secondo lavoro con Nero), che sposa il concept registico di utilizzare il suono per tenere lo spettatore continuamente dentro il film, grazie ad un lavoro di missaggio che ad ogni personaggio associa una diversa eco sonora. Abilissimo nel comporre musiche d’atmosfera, Teardo realizza una soundtrack cupa e malinconica, una musica “del ricordo, dell’annullamento, dell’oblio”, che non si rifà alla storia ma piuttosto alle ambientazioni. La marcetta americana Yankee Doodle (riferimento alle possibili ingerenze statunitensi nel complotto) è l’unico brano non originale, in una versione inedita interpretata da Lino Patruno.

Louis Nero scrive, dirige, monta, fotografa (sempre "ipnoticamente"), produce e distribuisce i propri film: insomma, il Rodriguez italiano. Peccato che di Robert Rodriguez non abbia la capacità di trasformare i pochi mezzi a disposizione in piccoli capolavori cult di serie B.

 

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Voto degli utenti: 1,5/10 in media su 2 voti.
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alexmn 1/10

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alexmn (ha votato 1 questo film) alle 21:18 del 20 aprile 2011 ha scritto:

louis nero dovrebbe cercar meno di fare l'autore. film insulso.

hayleystark, autore, (ha votato 2 questo film) alle 8:35 del 21 aprile 2011 ha scritto:

Grazie. Con tutti quei giornalisti che lodavano le qualità del film in conferenza stampa cominciavo a dubitare delle mie facoltà, non solo di giudizio, ma proprio mentali.