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3/10

Reefer Madness regia di Louis J. Gasnier

Drammatico
recensione di Fabio Secchi Frau

Mae Coleman e Jack Perry, sono una coppia che vende marijuana ai liceali durante alcune feste da loro organizzate. Disgraziatamente, uno dei loro invitati, un giorno, sotto l'effetto della marijuana investe un pedone con la sua auto... Ed è l'inizio di una serie di conseguenze che porterà ognuno di loro a impazzire.

Ampiamente stroncato dalla critica cinematografica americana più obiettiva (venne definito “uno dei peggiori film di sempre”), per le sue esagerazioni e la sua anima propagandistico-pervesa, Reefer Madness è in realtà un interessante, clamoroso e nell’insieme ridicolo cult che va aggiunto alla filmografia di Louis J. Gasnier, un regista parigino che, se non fosse stato per questo titolo, sarebbe stato ricordato solo come l’autore delle messe in scena dei primi cortometraggi di Max Linder… e quindi dimenticato.

Il povero Gasnier, caduto in disgrazia dopo l’avvento del sonoro, abbracciò l’irresistibile prospettiva di continuare a dirigere ma, inserendosi nel perimetro dei B-Movies, di cui questo film ne è sicuramente l’esempio più lungimirante.

Coadiuvato da una sceneggiatura di Arthur Hoerl, Gasnier scelse Thelma White e Carleton Young come protagonisti, mettendoli nei panni di una festaiola coppia di trafficanti di marijuana. Purtroppo però, uno dei loro invitati, il nuovo arrivato e giovanissimo Jimmy (Warren McCollum) investirà sotto effetto di stupefacenti un pedone senza soccorrerlo, dando vita a un morti e fuggi di catastrofi che prevedono: incidenti, omicidi colposi, suicidi e tentati stupri, rendendo ancora più reale quella discesa nella follia che il titolo della pellicola suggerisce.

Reefer Madness doveva essere destinato unicamente a un pubblico di genitori, di modo che lo prendessero come esempio morale per tentare di insegnare alla loro adolescenziale prole i pericoli cui sarebbero andati incontro nell’uso della cannabis. Tuttavia, subito dopo la sua realizzazione, venne acquistato dal produttore Dwain Esper che volle distribuirlo nel circuito cinematografico, anche se si rivelerà un flop. Riscoperto nel 1970, guadagnò in quel decennio e in quelli successivi, una seconda primavera, diventando un oggetto di satira fra i sostenitori della riforma della politica pro-droghe leggere, tanto da ispirare negli anni addirittura un divertente musical!

Non c’è corsa fra l’allure da melò che pervade la pellicola e il tedio che si prova quando non sono presenti scene di sfumazzate collettive piene di euforia. Anzi, sono proprio le cosiddette scene scomode in cui si consuma la marijuana e in cui se ne mostrano gli effetti, che fanno provare quello spassoso brivido cinematografico in più che non lascia lo spettatore imperturbabile. E il tutto in barba alle parole dure e asciutte di monito usate dal Dottor Alfred Carroll che aprono e chiudono la pellicola.

In poche parole: come resiste a un B-movie con un’alchimia come questa?

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