V Video

R Recensione

8/10

Enclave regia di Goran Radovanovic

Drammatico
recensione di Marta Terzi

Kosovo, 2004. Nenad è un bambino serbo, introverso e sensibile, che vive con il padre ed il nonno morente in un clave cristiana nel Nord del Kosovo. Non ha amici e viene preso in giro dagli altri ragazzi albanesi. Un giorno conosce Bashkim, un bambino come lui, di nazionalità diversa, che sembra odiarlo profondamente: sono, infatti, stati i serbi ad uccidere il padre di Bashkim. Si incontrano, dunque, in uno scontro involontario che potrebbe essere fatale.

Enclave è il primo lungometraggio del documentarista Goran Radovanic e racconta la guerra in Kossovo vista dagli occhi di due bambini, rivali non per scelta. Nenad è un bambino serbo, cresciuto col padre e il nonno, tra le mucche di un paesino sperduto e distrutto dalla guerra. Nenad, come tanti ragazzi, va a scuola e gioca, ma deve spostarsi dentro un cilindrato militare e non ha amici; la guerra ha distrutto la vita sua e quella di chi lo circonda; Bashkim è invece un ragazzo albanese, cresciuto con il nonno ed il fratello, tra le vie di un paese in una convivenza forzata con le armi ed il dolore; la guerra ha distrutto la vita di Bashkim portandogli via i genitori, uccisi dai serbi. La guerra, ci mostra il regista con queste figure solitarie, colpisce i più deboli; le vittime della guerra sono le persone che non l'hanno cominciata: i pastori, i preti, i vecchi, ma soprattutto i bambini. La guerra mutila le esistenze, troncando i rapporti e generando violenza che causerà altra violenza. Nenad e Bashkim si osservano da lontano per molto tempo: c'è qualcosa che li attrae, è evidente, ma anche una forza che li respinge, una violenza razziale che impedisce a Bashkim di fidarsi e aprirsi con l'amico. Poi, un giorno, si incontrano e giocano; e sembra che tutto possa essere normale per questi due bambini, ma Bashkim ha una pistola; una pistola che prima o poi deve sparare un colpo, tenuto per troppo tempo nella canna; un colpo che rappresenta l'aggressività che Bashkim racchiude dentro di sè. Quindi, ad un certo punto, il colpo parte, colpisce Bashkim di rimbalzo ed una campana di ferro cade su Nenad, chiudendolo fuori dal mondo. Poi, il salto temporale e sembra esserci un buco grandissimo nella trama, ma nel finale, quando Nenad descrive il suo migliore amico, scopriamo come il bambino si è davvero salvato: grazie a Bashkim. Lo stesso ragazzo che gli ha puntato una pistola addosso, a cui Nenad ha risposto con uno dei gesti più belli di sempre, che solo un bambino poteva compiere: porgendogli una barretta di cioccolato. Un lungometraggio emozionante, commovente, che mostra la guerra attraverso gli occhi di un bambino: gli occhi di una creatura che non riesce a percepire il male che lo circonda, che entri in contatto coi serbi, gli albanesi o i militari delle Nazioni Unite. Un racconto di formazione, di rottura dei confini e di tutti i muri sociali, che si muove dentro le vie e le case di un popolo distrutto: una storia che sta dentro ai fatti e che spinge il pubblico a deporre i pregiudizi, mostrando come, in un conflitto, la violenza colpisca sempre i più deboli e generi sempre altra violenza. Un invito ad essere tutti un po' bambini, per osservare il mondo con più leggerezza e dolcezza, per capire l'altro oltre la sua razza o la sua religione, per deporre le armi. Un film ambientato nel passato, che non smette mai di sembrare attuale.

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo film. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.